A.J. CROCE (Transit)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Il salto di qualità da That's Me In The Bar, passando per l'egregio Fit To Serve, fino a Transit, che è il suo disco migliore è tale che ormai si può considerare A.J. Croce come una splendida realtà.
L'essere stato un figlio d'arte lo ha influenzato fino ad un certo punto, visto che nel giro di tre dischi si è creato uno stile personalissimo, tanto che Transit supera le migliori aspettative: la voce di A.J. Croce non è più soltanto tabacco e raucedine ma insegue le canzoni senza perderle mai di vista; la sua band (con il chitarrista Michael James in primo piano) lo assecondano tanto e come gli illustri session men di That's Me In The Bar; il ritmo (con i Little Feat nelle orecchie) non è venuto meno, anche se il sound ha guadagnato in eleganza. Due sorprese, subito all'inizio di Transit. Maybe è immediata, precisa, semplice.
Lo schema è consumato e conosciuto fino al midollo: si comincia con il ritmo della batteria, il pianoforte, la voce di A.J. Croce, il coro nei ritornelli, un assolo di chitarra e una coda con un po' di archi. Tutto già noto, ma l'interpretazione di A.J. Croce e dei suoi musicisti è da dieci e lode e Maybe è il perfetto apripista: la pop song che Elvis Costello non riesce a scrivere da un po' di anni a questa parte. Poi il primo colpaccio da intenditore, con It's Only Me (Oh Ya-Ya) che è strepitosa: ha un groove irresistibile (complimenti a Brad Cummings e Frank Reina, ovvero basso e batteria) e un'intersecarsi di piano e organo che la fanno sembrare uno standard di Booker T. & The MG's.
Il ritornello, poi, è di quelli che vi fanno ballare da soli, anche se la state ascoltando seduti in macchina o con il walkman su un treno qualsiasi. Il livello non cambia con Turn Out The Light e Summer Can't Come Too Soon dove la chitarra, oltre al piano e all'organo, se ne va in libertà. Quello che sorprende è come in un disco di un pianista (quale è essenzialmente A.J. Croce) si sentano così inequivocabilmente tante chitarre, tra l'altro suonate benissimo da Michael James, ed è un motivo in più per considerare Transit.
Poi c'è Bargain che è un sottile incrocio tra John Lennon e Randy Newman, il rock'n'roll di Find Out Now, le ballate di Everyman e What I Wouldn't Do, il ritmo di Change e quello, irresistibile, di Five (rhythm and blues allo stato puro, con A.J. Croce lanciatissimo nell'assolo di pianoforte).
Con un'antologia di tastiere sotto le dita di A.J. Croce e di David Zemen (Hammond, Wurlitzer, Clavinet, Vox sono i marchi che bisogna imparare a riconoscere), Transit è un album spettacolare, divertentissimo, ricco di idee, suoni e canzoni che non lascia la presa fino in fondo (sentite un po' She Was Always Right e Don't Leave Now, nel caso) confermando A.J. Croce quale songwriter e performer di primissima qualità.
Infatti, per ognuno dei suoi dischi si è dovuto trovare un'etichetta diversa, ma cosa volete farci, nell'industria discografica mica li ascoltano i dischi.