ARTHUR DODGE & THE HORSEFEATHERS (Nervous Habit)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Sebbene tipico di quella serie B del rock che raramente fa clamore, Arthur Dodge mi aveva sorpreso nel 1998 con Cadillac, Ponytails & Dirty Dreams, un album che non avevo fatto fatica a collocare nella mia playlist dell'anno ed il cui titolo era una dichiarazione di autentico, genuino blue-collar rock sulla falsariga del primo Springsteen, del miglior ]oe Grushecky, dei Green on red più cantautorali e del sempreverde John Fogerty.
In realtà quello non era il primo lavoro di Arthur Dodge perché nel 1997 c'era stato il debutto con gli Horsefeathers {Arthur Dodge and the Horsefeathers) e prima c'erano stati l'apprendistato acustico nei club del Kansas, del New Jersey e di Austin e, nel 1993, l'album Arthur Dodge & Matthew's Mule. Originario di Lawrence nel Kansas, Arthur Dodge (voce, chitarra e piano) si è unito a Matt Mazier (chitarra, voce e piano) per cercare quella fortuna che molti, dalle parti del Midwest, cercano con il rock n'roll. Nervous Habit, il suo terzo disco con gli Horsefeathers che ora vedono il leader e Mazier affiancati da John Mazier (piano e hammond) e da due veterani musicisti del Kansas, il bassista Jeremy Sidener ed il batterista Ken Pingleton, prosegue sulle strade battute dai precedenti lavori presentando una solida mistura di Americana, roots-rock, ballate e songwriting con testi che parlano di vita sulla strada, amori turbolenti, macchine, tristezze, bar di Madrid e confini messicani.
Rispetto al precedente Cadillacs, Ponytails & Dirty Dreams qualcosa è cambiato nel suono degli Horsefetahers visto che la sezione ritmica è nuova di pacca e l'acido sferragliare chitarristico di brani kilometrici come Rock Top Dolly e Look like you're in love, esaltanti nel loro sporco sound, sembra per il momento messo a riposo in virtù di arrangiamenti più dettagliati e di ballate pianistiche (emblematica Stripper In a car) che sono più vicine a Randy Newman che a Bruce Springsteen.
Nervous Habit non cambia sostanzialmente i connotati stilistici del nostro, la sua musica mantiene saldi i rapporti con quel rock provinciale, arruffato e chitarristico che è l'anima dell' American rock n'roll ma Arthur Dodge ha di certo allentato le corde, facendo a meno delle cavalcate chitarristiche alla Young e accentuando il songwriting verso ballate dai colori autunnali che questa volta suonano meno irruenti, più pacate e introverse.