WILLY/MINK DEVILLE (Le Chat Bleu)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/03/2004
    

Questo disco, edito in origine nel 1980, era già un capolavoro all'epoca. La nuova versione della Raven Australiana nulla toglie a quel disco, casomai aggiunge, quindi il giudizio non subisce varianti, anche perché il materiale aggiunto è decisamente interessante. Willy, al tempo Mink, Deville arrivava da un periodo in cui aveva ricevuto entusiastici consensi dalla critica mentre le vendite erano state poco più che mediocri. Peccato, perché sia Cabretta che Return to Magenta erano due signori dischi, due grandi dischi. Le Chat Bleu vede il nostro attraccare in Francia, una nazione che ha sempre ammirato e che gli ha dato molto, in termini di vendite, riconoscimenti e popolarità, una nazione che inoltre ha dato i natali ad Edith Piaf, musa ispiratrice di Willy e chanteuse straordinaria.
Le Chat Blue era e rimane un capolavoro grazie a canzoni quali This Must Be The Night, That World Outside, Lipstick Traces, la splendida cover di Bad Boy (resa celebre da altri cento artisti, tra cui l'inimitabile Louis Armstrong), Mazurka e la monumentale Heaven Stood Still che ancora fa parte delle scalette dei concerti del nostro. Un disco di amori e passioni, di suoni e colori, di umori e vibrazioni: un disco vitale e colorito che mischia sacro e profano, cajun e rock, ballate e brano elettrici, rock'n'roll e night songs.
Un disco che ha sancito la caratura del musicista e ne ha anticipato la leggenda. La Raven lo ha rimasterizzato con cura, basta ascoltare l'intro della colorita Slow Drain con le percussioni ed il piano che danzano attorno alla voce, oppure il calore che avvolge You Just Keep Holding On, una rimembranza anni cinquanta in pieno stile PomusShuman. Ma poi ha anche aggiunto altre nove canzoni, per trentotto minuti, per dare maggiore corpo al disco.
Si tratta di canzoni registrate dal vivo, canzoni che fanno parte de Le Chat Bleu, pero in versione differente. Savoir Faire (live New York 1982) è grintosa, il piano trilla e Willy canta con rabbia. Slow Drain (New York 1982) mantiene il pathos che ha nel disco, il piano ha più potere e l'intro è molto scenico con la gente che tiene il tempo battendo le mani, poi la canzone si apre e, dopo quasi due minuti di musica, lascia spazio alla voce carica del protagonista. This Must Be The Night (NY, 1982) ha feeling, grinta, il piano sempre sul pezzo ed il ritmo è contagioso: voce aspra quella di Willy, coretto alle spalle, e la melodia che si insinua nella notte sino all'entrata di un sax rauco. Bad Boy (NY, 1982) rievoca un'epoca ormai dimenticata, l'era del jazz e dell'Apollo Theatre: il sax soffia caldo, la voce è maledettamente espressiva e la canzone entra sotto pelle.
Lipstick Traces (NY, 1982) è più dura rispetto alla studio version, più rabbiosa, con il piano sempre sugli scudi e la band che segue Willy a ruota. Just To Walk That Little Girl Home (Olanda, 1984) è accolta da un pubblico in visibilio mentre il piano e la ritmica aprono per la voce sardonica di Deviile che recita con trasporto con una fisarmonica che lo avvolge con calore. Heaven Stood Still (Germania, 1985) mantiene quel quid di misterioso, con un andamento notturno, drammatico, con il protagonista che recita sostenuto solo da un piano, poi la voce si dispiega nella notte e la ballata maledetta prende corpo definitivamente. L'ultima canzone è l'unica che non faceva parte de Le Chat Bleu.
Si tratta della nota Save The Last Dance For Me, una composizione di Pomus e Shuman (tanto per chiudere il cerchio sulle radici del nostro), riveduta e corretta secondo il DeVille Style. Tutta da godere per ritmo, feeling, suono ed interpretazione. Chiude il CD una breve intervista con Willy e Doc Pomus.