È sempre difficile dare un seguito ad un disco che ha venduto quattro milioni di copie. È vero, verissimo (e non guasta mai ribadirlo) che i numeri sono relativi, ma davanti a tali proporzioni la tentazione di ripetersi, cristallizzandosi sui risultati è dietro l'angolo. Capita anche ai
Wallflowers che con
Breach propongono un disco che nasce e si sviluppa sulle radici di
Bringing Down The Horse, mutuandone persino la sequenza delle diverse canzoni, ma che ha una dignità e una qualità del tutto rispettabili.
Intanto è rock'n'roll suonato con tutti i crismi, e poi ha diverse canzoni davvero notevoli a partire da
Letters From The Wasteland: un inizio suggestivo, con un bel soffio di tastiere e la voce ispirata di Jakob Dylan, poi una varietà infinita di chitarre elettriche, ottimi stacchi, un ritornello per niente scontato e un inciso duro e tagliente. Qualcosa che ultimamente riesce a scrivere soltanto Tom Petty (giusto per restare in famiglia, visto che ci suona
Mike Campbell), e non è poco. Anche
Hand Me Down, a seguire, non è male: è più stringata e meno caotica, ma ha un refrain brillante e curatissimo con Rami Jaffe scatenato su tutti i tasti mentre
Sleepwalker è più tesa e cupa, anche se la formula della canzone pop funziona alla perfezione e gli hand claps nel ritornello sembrano piovuti dal cielo.
Delle altre canzoni:
I've Been Delivered rimane tra i Cracker e i Counting Crows che, se non fossero amici e buoni colleghi dei Wallflowers, sarebbero al momento i più accreditati concorrenti;
Witness è una bella ballata con un'ottima sezione fiati;
Some Flowers Bloom Dead non è male e
Mourning Train è bellissima: c'è uno straccio di organo in sottofondo, una chitarra acustica, ancora hand claps e percussioni, e la voce di Jakob Dylan. Poi ancora Rami Jaffe libero di giocare a tutto campo.
Il suo apporto rende il sound dei Wallflowers molto omogeneo e se è vero che sono le chitarre (elettriche, soprattutto) a distinguersi, le tastiere offrono un lavoro di raccordo veramente notevole, senza eccedere.
Breach forse scivola un po' sottotono nel finale con
Up From Under, Murder 101 (una delle canzoni che vagano senza dimora.
C'è un mucchio di ritmo e di chitarre elettriche, ma di pezzi così se ne sente uno in ogni disco di rock'nVoli) e
Birdcage che sembra uno strano incrocio tra un pezzo della Band e uno dei Beatles con una bella chitarra acida (e chissà cosa dirà il papa) però nel complesso è un buonissimo disco. Tolto il cognome e provando a dimenticare l'ingombrante
Bringing Down The Horse alle spalle, anche qualcosa in più.