DAVE MOORE (Breaking Down to 3)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

Disco sorprendente da parte di un artista a me sconosciuto, che pensavo essere un esordiente. Invece Dave Moore, che dovrebbe essere texano (le scarne note non specificano) è già alla sua terza fatica dopo gli albums Over my shoulder e Jukejoints and cantinea. Ebbene, non conosco i primi due dischi, ma se sono al livello di questo Breaking down to 3 vale senz'altro la pena di andare a scoprirli! Moore è infatti un cantautore dotato, capace e comunicativo, con un'ottima preparazione di base, una bella voce profonda (in certi momenti sembra Chris LeDoux) ed una spiccata capacità compositiva. Le influenze sono classiche: Dylan (soprattutto nell'uso dell'armonica), Prine, ma anche J.J. Cale e Springsteen; con tutto, Moore ha comunque un suo stile, predilige le ballate (meglio se di confine), ha feeling e si circonda di pochi strumenti ma giusti. Il disco è breve (trentasei minuti) e si ascolta tutto d'un fiato.
L'opening track Mr. Music ha un intro acustico, poi entra un drumming leggero e la ballata, molto dylaniana, si sviluppa fluida e sicura. Sharks don't sleep cambia decisamente genere: ballad notturna e pianistica, se ci fosse la chitarra di Knopfler potrebbe essere un brano dei Dire Straits (sul tipo di Six biade knife, ma più veloce); comunque intrigante. Midnight è sofferta (anche nella voce) e bluesata, piena di whisky e polvere, con una spruzzata di paludoso voodoo: Big drafty house ha qualcosa del Boss, ed i suoni ruspanti tipici della provincia americana. Painting this room è bellissima: un brano tenue della melodia limpida, suonato in punta di dita, e cantata con passione.
Pura poesia. Let's take our time and do it right è texana, figlia di Jerry Jeff Walker è Kristofferson, Magic dust è discorsiva e rilassata, Big fool for you è folk-country come non si fa più oggigiorno, con il piano sugli scudi. Ancora grande musica con All the time in the world, sublime ballata di notevole impatto, figlia di brani epici come Desolation row, eseguita con la maestria di un veterano. L'album si conclude con Down to the river, altro brano che ascolterei dieci volte di fila. Una meritata citazione per i sessionmen dell'album: Bo Ramsey, Rick Cicalo, Steve Hayes e David Zollo. Un disco, mi ripeto, sorprendente: vi sentirete on the road pur restando sulla vostra poltrona.