Jason Wilber non è proprio un nome nuovo. I più attenti lo avranno già notato come chitarra solista nei dischi di
John Prine & Hal Ketchum, ma questo suo debutto come solista ci mostra qualcosa di più che il disco di un session man. Jason ha suonato con Prine nel bellissimo concerto dato un paio di anni fa a Gallarate. Wilber è un cantautore e sa scrivere canzoni con indubbie potenzialità. La sua musica spazia tra rock e country, tra ballate d'autore e brani che rammentano le composizioni del miglior Mellencamp. Un musicista completo quindi, con le caratteristiche del cantautore puro.
Anche dal punto di vista delle liriche Jason si difende: infatti le sue canzoni, seguendo la linea di
Jay Farrar, parlano di vita qualunque, di paesaggi incontaminati, il tutto visualizzato con un senso di alienazione e di meraviglia. Sembra un controsenso, ma Wilber caratterizza a fondo la sua musica e scrive canzoni mature e profonde. C'è molta amarezza ed anche un forte senso della solitudine, il tutto permeato attraverso un uso della musica intelligente. Infatti, usando i vari stilemi del classico suono americano, Jason mette a punto un disco maturo, dove la canzone ha una sua collocazione ben precisa. L'album è prodotto dallo stesso autore che suona tutte le parti chitarristiche, organo e piano ed è aiutato da
Todd Smith, basso e da ben tre batteristi:
Danny Deckard, Dane Clark e Jamey Reid.
I feel line è un folk rock deciso e presente, elettrico e chitarristico: richiama il folk rock di matrice byrdsiana, suonato con più forza.
Walking in the church è una composizione intimista, giocata sulla voce, molto espressiva, e su poche note di organo.
Pick up your heart ha Neil Young nel cuore. Ballata ariosa, aperta da un'armonica, si colloca nel filone della canzone d'autore americana: melodia ben costruita e bel gioco di strumenti.
Lost in your hometown è una composizione acustica, triste e malinconica, dai toni dimessi: ma questa sua tristezza è il punto di forza di una melodia profonda, a cui una tenue fisarmonica da ulteriore spessore.
Evelyn è una richiesta alla propria ragazza (lascia la porta aperta, questa notte), giocata su un bel motivo di sapore folk, ben strutturata con chitarre e sezione ritmica, ed un'armonica che appare ogni tanto.
Stars ha suoni sparsi ed una musicalità notturna: la voce di Jason, abbastanza interessante, gioca le sue carte su questa ballata dai toni intimisti.
If I owned a liquor store è un folk rock con forti influenze country, che deve molto a John Prine: anche qui il protagonista se la cava egregiamente, attorniato da una ritmica spedita e da pochissimi strumenti.
Apologies è triste e rarefatta, mentre
As Far as 25th Street ha il sapore degli anni sessanta, con quel suo andamento folk oriented e la sua melodia fluida. Chiude la ballata
More alone than before. Attenzione: dopo il decimo pezzo c'è una traccia nascosta, un folk blues notturno di quasi cinque minuti, ancora una volta malinconico. Bell'esordio.