Con questa antologia si chiude un periodo per
Joe Ely ed è anche l'ennesima conferma che per un certo rock'n'roll ormai le vie migliori sono quelle di un'artigianato discografico (quello della Rounder di
Live@Antone's, per intederci) che di un'industria dello show business come la Mca e affiliati. Certamente non servono presentazioni, almeno non qui:
Joe Ely, nella sua ormai lunghissima carriera, è stato uno dei più credibili reporter dell'America marginale (dal border in giù, per intenderci) e nello stesso tempo uno dei rock'n'roller più lucidi e grandi, allo stesso, identico livello di John Mellencamp, John Hiatt, Willy DeVille, Tom Petty o Bruce Springsteen (qui presente nella già nota
All Just To Get To You, da
Letter To Laredo).
Ad un primo sguardo,
The Best Of Joe Ely è ottimo: venti canzoni che ripercorrono tutti i suoi dischi, dagli esordi a
Twistin' In The Wind, belle note di copertina (anche se sono saltati i dettagli dei musicisti: da
Lloyd Maines a Jesse Taylor fino a David Grissom, i nomi giusti non mancavano di certo), senza trascurare
Hi Res, strano e incompreso album di qualche anno fa o una gemma come
Settle For Love, una canzone che è sempre una specie di inno nei concerti di Joe Ely. Addentrandosi però tra la sequenza dei titoli, è evidente che alla Mca Nashville non hanno fatto un grandissimo sfoggio di fantasia.
Inevitabili quindi parecchie sovrapposizioni con
No Bad Or Loud Talk, un'altra splendida antologia uscita qualche anno fa:
Fingernails (sempre bella e qui in versione live),
Fools Fall In Love (da riscoprire),
West Texas Waltz (di Butch Hancock, e qui da riscoprire sono i suoi ultimi dischi),
Honky Tonk Masquerade, Boxcars, She Never Spoke Spanish To Me (tra i suoi classici in assoluto) e anche se
The Best Of Joe Ely ha il pregio di dare una panoramica più ampia, manca comunque di prospettiva ed ha alcune lacune non irrilevanti. Tra tutte la mancanza più grave è la versione dal vivo di
Letter To L.A., spettacolare rock'n'roll suite che nel
Live At Liberty Lunch metteva in luce tanto lo stile e il savoir faire del Joe Ely performer quanto il dirompente talento chitarristico di David Grissom, mai così a suo agio.
Infine, qualche inedito in più non avrebbe guastato, magari pescando tra le numerose collaborazioni (la magica versione di
Deportee nel disco dei Los Super Seven, solo per citarne una), ma con ogni probabilità
The Best Of Joe Ely serve ad onorare un contratto ormai finito più che una carriera e una vita (le sue) dedicate al rock'n'roll. Per rendergli giustizia serve a questo punto solo un bel box che è tanto atteso dai fans quanto meritato dal buon
Joe Ely.