DAVID GRAY (Lost Songs 95…98)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

David Gray , in Manda, è un fenomeno. Ha venduto più di un milione di copie del suo ultimo disco, per di più autogestito, cioè White Ladder, che ha avuto un certo successo anche qui da noi. Gray, che in precedenza aveva inciso tre dischi, e del quale noi del Busca ci siamo sempre occupati, non aveva mai avuto un buon rapporto con le case discografiche. Infatti sia A Century Ends, '93, Flesh, '94 e Sell, Sell, Sell '96 non avevano avuto una buona risposta di pubblico, malgrado le critiche, sopratutto per il primo ed il terzo, erano state più che positive.
Così David si è autoprodotto White Ladder ed ha avuto ragione della miopia dei discografici, raggiungendo un inatteso successo a livello mondiale. Personalmente amo di più il primo ed il terzo, più cantautorali, più intimi e, di conseguenza, amo anche questo Lost Songs, in cui David ha raccolto alcune composizioni sparse, scritte tra il '95 ed il '98. Lost Songs è una raccolta di canzoni per lo più acustiche, scritte durante un periodo personale molto tribolato, in cui i rapporti coi discografici erano diventati insostenibili.
David ha ripreso quei demos sparsi nel tempo e li ha registrati in soli nove giorni nell'ottobre del '99. Assieme ai suoi collaboratori usuali Clune, Tim Bradshaw e l'ingegnere lestyn, l'album chiarifica gli intenti dell'autore. Ballate dalle tonalità personali, giocate sulla voce e sulle chitarre (qui è là ci sono piano ed altri strumenti), melodie profonde, interiore, struggenti (ascoltate As I'm Leaving, di una bellezza adamatina) che rendono onore all'autore. Pur non essendo uno scrittore straordinario, Gray ha una voce ben impostata, possiede il senso della metrica e sa scrivere melodie che catturano l'attenzione ed il cuore dell'ascoltatore. La sua musica è semplice e diretta, profonda e personale, quanto basta per dargli l'imprimatur di autore.
Questo lavoro conferma in toto quanto scritto su di lui in precedenza ed è un banco di prova importante per il suo stato di musicista: scrivere canzoni di questo spessore in un periodo negativo, in cui tutto rema contro, e saperle rendere poi con questa qualità sonora non è certo una cosa facile. Brani come la già citata As I'm Leaving, l'iniziale Flame Turns Blue, la profonda Hold On, la toccante If Your Love is Real o la pianistica Falling Down The Mountainsideo l'ondeggiante ninna nanna strumentale January Rain sono dei punti fermi nella discografia dell'autore.
Un disco di piccole cose, giocato sulla voce e strumenti sparsi, spesso triste, talvolta profondo, in altri momenti quasi allegro: un disco che ci rivela la vera anima di David Gray, cantautore nel puro senso del termine. In un'epoca in cui la musica d'autore sembra perdersi nei meandri delle discografiche assatanate nella ricerca di dischi da classifica, un album di tale fatta è un piccolo miracolo, per contenuti ed equilibrio.