PETER HIMMELMAN (Love Thinketh No Evil)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

Peter Himmelman, l'uomo che ha reso nonno Bob Dylan, ha esordito all'inizio degli anni ottanta come leader dei Sussman Lawrence, poi, dal 1986, è diventato solista. Ha avuto una carriera altalenante, con dischi di ottima fattura (From Strengh to Strengh e Flown This Acid World) alternati ad altri meno riusciti (Skin, Gematria). Love Thinketh no Evil si pone giusto a metà: non è uno dei suoi migliori, ma supera di gran lunga buona parte della sua produzione. Infatti Peter mette a frutto le sue non comuni qualità di autore e pesca dal cilindro alcune composizioni di ottima fattura. Le sue radici vanno da Elvis Costello a Graham Parker, da ]oe Jackson a Randy Newman e dove il nostro riesce meglio sono le ballate pianistiche, piene di pathos e melodia, che hanno fatto la fortuna di Marc Cohn.
Prodotto dallo stesso Himmelman con l'aiutro di Greg Herzenach, Love Thinkrth no Evil ci propone 14 nuovi brani (l'ultima è una ghost track) per un'ora di musica. L'inizio non è dei migliori con due canzoni appena discrete: Coming Apart At The Dreams e Fly so High. Già Made for Me, gentile ed intimista, rivela l'autore formato. Meglio Checkmate, lenta e cadenzata, molto pianistica, che conferma una vena lirica degna del miglior Mare Cohn: l'uso ampio del piano, la melodia sicura, fanno di questa ballata un'opera a sé stante che mette in luce le qualità di Peter. Time Just Flew, ancora intimista, è una composizione tenue e rarefatta, in cui la voce, quasi tremula, si avvale di un buon gioco di chitarre ed un piano lirico che fa da sottofondo.
La lunga Solitude è uno dei momenti migliori del lavoro: richiama Costello, anche nella voce, mentre la melodia è triste e forte al tempo stesso. La canzone ha un crescendo, lento ma continuo, che prende ascolto dopo ascolto: da acustica diventa tesa ed elettrica, con il piano sempre in bella evidenza. 7 Circles è un lamento acustico, teso ed opprimente, mentre Millions Mile Wide si avvicina allo stile urbano di Cohn: bella melodia, ottimo suono. Forgiveness Shining è già sentita, Lifetime Too Late è classica, anche per l'accompagnamento di archi, con la voce che prende corpo assieme al ritmo sostenuto della canzone.
Per la costruzione armonica e per la melodia stessa si candida tra le migliori del lavoro. Everything and Nothing ai All è ben costruita ma non innovativa, Over and Gone è sicuramente più incisiva. Chiude il disco la splendida Gravity Can't Keep My Spirit Down. Quasi sei minuti di grande musica, sostenuti benissimo dal piano pulsante e dalla voce sicura ed intensa del protagonista. Himmelman riesce al meglio in queste ballate adulte dal suono elettrico e pulsante, che richiamano Marc Cohn: non sarà musica originale, ma si tratta comunque di canzoni dal tessuto solido che si fanno ascoltare e per lungo tempo. Notevole l'uso del piano nella parte centrale del brano. Chiude una divertente ghost track di oltre tre minuti: si tratta di un up tempo vagamente old fashioned, decisamente gradevole.