WILLIAM JAMES IV (Love is the Power)
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  Recensione del  31/01/2004
    

William James IV, classe 1951, avvocato di professione e musicista per divertimento, ha inciso la bellezza di undici CD in sei anni. Prolifico, ma vulcanico a livello di idee. Le liriche sono spesso pungenti, satiriche, mordaci mentre la musica è un cocktail di nuovo e già sentito. Infatti, invece di campionare come fanno i mediocri, William James usa il sano suono delle chitarre e mette in circolo motivi o accennni di motivi già noti all'interno di canzoni completamente nuove.
Il nostro è un grande ascoltatore di dischi, più che altro vecchi, e sa dosare con intelligenza riferimenti déjà vu all'interno delle sue canzoni. E un modo diverso di proporre musica, usando una strumentazione classica, ed abbellendo il tutto con arrangiamenti coincisi. La band che lo segue in questo disco, prodotto per la prima volta dal suo grande amico Jeff DeVillez, è formata da robusti musicisti texani: Chris Gage, Darcie Deaville, Dave Heath, Johnny Benoit, Marvin Dykhuis, Joseph Colarusso. Gente che gravita anche nei dischi di Jeff, del quale (è una delle rarissime covers che il nostro interpreta) William rilegge Love is The Power. Niente è lasciato al caso.
Violino, dobro, piano, mandolino, steel guitar: tutti gli strumenti si mettono in riga e, canzone dopo canzone, si esprimono al meglio. Le canzoni. Come nei dischi precedenti il nostro passa in rassegna gli stilemi più classici della canzone americana: ballate folk, brani di estrazione country, bluesacci notturni, rock corposi e ben strutturati. I Can't Say Goodbye 2U è una ballata dai timbri acustici, profonda ed avvolgente, con la strumentazione che entra lentamente, in crescendo, come la melodia stessa, che si apre a mò di margherita.
Questa composizione sintetizza al meglio lo stile del texano: la voce è lenta, come se raccontasse una storia, la strumentazione fluida e coinvolgente, la melodia forte e profonda. Goin' to Manilla racconta di scappatelle a carattere sessuale, ma il brano ha un fondo country-blues forte. Ben Franklin is Still a... è un'altra ballata dall'andamento lento e discorsivo che si apre con lentezza e che nei suoi quattro minuti sviluppa un tema melodico molto interessante. Notevole la dolce Betty Ford Dropout che inizia con un motivo decisamente già sentito.
Il tono è folk-country, con una voce femminile che doppia quella più roca del leader, mentre un flauto da più spessore alla melodia. La canzone, il cui testo è forse da censurare, è comunque di grande presa e si ascolta a lungo: d'altronde quello che conta è il sapere fare musica, il proporsi sempre in modo diverso e rinnovato, senza scendere ad inutili compromessi. L'album continua su questo livello qualitativo: dal bluesy lento Under Assistant MWPM, alla divertita Leopard & Vine, indolente melodia dal testo sarcastico. Wake Up Jackie viene introdotta dalla fisarmonica di Gage, poi una chitarra da il tempo e la band entra di seguito: brano rock, duro e vigoroso, con un forte fondo blues.
Love is the Power perde la dolcezza originaria della versione di Jeff De Villez per diventare una song più elettrica, pur mantendo intatta la melodia. Da ballata strappacuori diventa un lamento d'amore urbano. TLC 1, intro acustico, voce roca e profonda, Full Moom in The Bluff, intro lento, organo sul fondo ed ancora il blues che spunta, la breve Yesterday's Prophet, dall'andamento folk, e I Got The Pawn, che sembra il seguito ideale della precedente, con Dylan nella testa ed una voce talvolta simile a quella del grande.
È la volta della lunga (quasi dieci minuti) Red White & Busted: brano di grande presa, ovviamente elettrico, con un intro classico, ripetuto più volte, ed un motivo di fondo molto roccato, strascicato e sofferto. Chiude Godiva Coffee che si segnala come una delle migliori del disco, con la sua melodia folk rock sospesa.