BOBBY BARE JR. (Boo-Tay)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Bobby Bare Senior ha cominciato la carriera nel 1958 con il nome di Bill Parsons, ottenendo un hit (il secondo posto nelle classifiche) con All American Boy, poi si è dedicato soprattutto al country & western, in particolare negli anni Settanta, quando'ha inciso il suo disco migliore, The Winner And Other Losers, che è del 1976. La sua carriera non è stata tutta un successo, ma ce n'è abbastanza per un'antologia retrospettiva, per un tributo o per un cofanetto.
Qui, invece, è il momento di Bobby Bare Junior che tra tutti i figli d'arte è, con A.J. Croce, il più simpatico. Perlomeno non scimmiotta il padre (come Adam Cohen) e non gioca a fare il ragazzo maturo a tutti i costi, e in questo senso gli danno una mano i suoi compari: lui canta e suona la chitarra, Michael Grimes suona la chitarra (solista) e canta, Keith Brogdon pesta come un ossesso la batteria, Tracy Hackney suona il dulcimer e canta e Dean Tomasek pompa il basso. Per concludere le formalità anagrafiche, produce Peter Collins e BooTay suona come una festa del rock'n'roll perché i Bare Jr. fanno esattamente quello che dovrebbero fare (e il più delle volte, fanno) i figli, d'arte o meno: un gran casino, con le chitarre tormentate fino a farle ululare e le canzoni che fanno fatica a stare nel disco. Non c'è niente di meglio da fare, cantano i Bare Jr. e non si può che essere d'accordo perché suonano esattamente come dovrebbe fare una rock'n'roll: con tonnellate di energia, saltando da un lato all'altro del palco e inventando attacchi apocalittici.
Come quello, dal vivo, di Faker, dove i Bare Jr. sembrano i Buffalo Tom di Birdbrain: un po' grungy, ma anche con una certa raffinatezza (certi arpeggi di chitarra acustica) e con un'idea dell'insieme davvero notevole. Il country & western famigliare è relegato in un angolo, ma i Bare Jr. sanno onorare certe tradizioni musicali americane e non tanto perché invitano Bobby Bare Senior a cantare in Love-Less (carneo del tutto relativo), ma perché Patty McBride ha lo stesso talento di Steve Earle nel raccontare una storia e nel suonare tanto legato all'american music quanto a sonorità più attuali.
Gran bel pezzo, ma non è un caso isolato in Boo-Tay perché le tredici canzoni dei Bare Jr. si mantengono sempre ad un buonissimo livello e se è impossibile entrare nel dettaglio (il tutto dura quasi tre quarti d'ora, e sono soldi spesi bene) segnalerei almeno Give Nothing Away che suona compatta e massiccia, come da tempo non si sentiva. Un complimento anche a Bobby Bare Junior che, pur non avendo una voce straordinaria, riesce a farsi rispettare nel magma di chitarre e batteria e amplificatori con il volume, come direbbe John Hiatt "irato su fino al dieci". Con buona pace del papa che magari preferiva le steel guitar, i violini e i mandolini.