"Risale al 1995 l'esordio di John Mohead,
Lula City Limits: una boccata d'aria fresca per gli appassionati di southern accents che ritrovavano, tutti insieme, il blues e
William Faulkner, l'aria dei
Little Feat e quella dei
Grateful Dead (la sua versione di
Going Down The Road non sfigurava, a confronto), il Mississippi e la confraternita degli Allman Brothers: home sweet home, insomma, con belle chitarre elettriche (spesso e volentieri slide), canzoni colorite, una voce roca e calda capace di risvegliare vecchie emozioni. Il seguito,
Mary's Porch, non cambia un virgola, anche se John Mohead ha rinnovato completamente i collaboratori ed, anzi, si concentra ancora di più sull'epica sudista con titoli che parlano chiaro:
Muddy Water (e subito gli sfugge la citazione letteraria, in questo caso per Mark Twain),
Tram' Leavin Lula, Son Of The South, Delta Triangle e la ripresa di
Due South che è un po' il suo manifesto, sono l'ideale guida in versione rock'n'roll della vita oltre la Mason-Dixon line.
Come già succedeva
Lula City Limits, di John Mohead piace l'attaccamento ai canoni southern e il vigore nella sua interpretazione degli stessi: oltre alle chitarre (con cui sa destreggiarsi con una certa abilità) spiccano il piano e l'organo, come se dietro ai tasti ciondolassero barba e capelli di
Gregg Allman, i cori femminili che hanno il sapore del soul (da sentire nel finale di
Missin' You) e, tra le note più evidenti, la sua voce che è un concentrato di bourbon, tabasco, miele e tabacco.
La miscela è forte come si conviene ad ogni buon angry southern gentleman (come direbbe Terrell, uno che se ne intende) e la qualità stessa delle canzoni rende
Mary's Porch qualcosa in più del solito buon disco di old time rock'n'roll: se avesse Steve Gorman alla batteria, Muddy Water potrebbe stare comodamente tra le canzoni più soulful di
By Your Side dei Black Crowes;
Train Leavin' Lula ha un mandolino (Keith Sykes) che spruzza ricordi del John Hiatt di
Slow Turning; il finale chitarristico di
Nobody's Gonna Love You celebra una volta in più (e non guasta mai) l'epopea infinita dei Lynyrd Skynyrd;
I'll Take The Highway comincia con un piano ragtime;
Here To Stay ha swing da vendere e i Little Feat nel cuore; le ballate {
Son Of The South e Mary's Porch tra le altre) non si perdono nelle chitarre acustiche ed hanno la stessa tensione ideale dei brani elettrici.
Il tutto a conferma che gli omaggi di John Mohead alle sue radici southern (dove del resto è cominciata la nostra storia) valgono ampiamente il prezzo e ribadiscono la vitalità e la duttilità di un sound spesso ingiustamente bistrattato.