Terry Allen è uno dei grandi sconosciuti della musica americana. Amato in modo addirittura fanatico da un manipolo di cultori della musica d'autore, è purtroppo sconosciuto ai più. La sua musica, un verace cocktail di country ed ironia, di rock e musica messicana, è anche un condensato di energia ed intelligenza che ha ben pochi addentellati con la musica di consumo odierna. Allen è un talento formidabile, uno scrittore all'acido muriatico ed un musicista incredibimente dotato.
Le sue canzoni hanno il senso della melodia e una struttura sonora molto personale, gli arrangiamenti sono ricchi ma mai ridondanti, la voce forte e grintosa. Eppure Allen non ha mai superato l'ambito del culto. Ma ora le cose possono cambiare: non incide più per etichette autogestite ma per la Sugar Hill e gode di una buona distribuzione sia negli Usa che nella vecchia Europa.
Salivation (bel titolo!) arriva a due anni di distanza dall'ottimo
Human Remains che lo aveva visto rompere un silenzio durante la bellezza di otto anni.
E, a 54 anni, il nostro si presenta in forma. Ballate di grande intensità, canzoni dalla struttura molto country-mexican, con grande uso di fisarmonica e, sopra tutto, oltre alla sua vena ironica, quella voce così intensa e personale, e quelle melodia così legate alla memoria. Allen è un artista multimediale, si occupa di scultura, disegna lui stesso le sue installazioni e, quando ne ha voglia, scrive canzoni.
Salivation contiene una manciata di canzoni superbe, tra le quali brilla la splendida
Billy The Boy.
Ma andiamo con ordine. Texano, è nato a Lubbock, Terry mantiene intatte le sue origini nella sua musica. Il suo sangue ha sempre nelle vene la polvere di Lubbock, ma il suo cuore ora batte a Santa Fé, una città che più gli è consona per le sue qualità artistiche: e la sua musica ha mantenuti intatti tutti quegli elementi che lo hanno reso celebre. Le sue canzoni sono country, ma non più di tanto, il suo suono è corposo, la sua vena d'autore sempre aperta ad ogni soluzione e, specialmente in questo disco, c'è un'unità di intenti ed un suono di grande presa. Apre il rock
Salivation, una canzone abbastanza comune, dal suono piuttosto risaputo che ha un intermezzo divertente con il nostro che fa la voce di Donald Duck. Ma è la meno interessante del disco, almeno dal punto di vista musicale.
The Doll inizia con una fisarmonica e percussioni esotiche per poi diventare discorsiva e intrigante. Ma è con la splendida
Billy The Boy che il disco prende corpo. Si tratta di una lunga ballata (quasi nove minuti) evocativa e profondamente nostalgica in cui la fisarmonica gioca un ruolo primario. Allen canta con voce arrocchita e molto intensa, e lascia entrare gli strumenti uno per volta: la steel accarezza la sua voce, la fisarmonica ricama di continuo. Poi la canzone si apre, mentre la voce continua a raccontare una storia di confine, una storia che rievoca alla nostra memoria il Texas, le lande a perdita d'occhio, i campi segnati da fiumi e avvallamenti.
Poi il brano cresce in ritmo e il nostro infila una melodia tipica del suo modo di scrivere e la canzone assume un tono epico, con la chitarra che affianca la fisarmonica. E la storia di un hobo, di un treno: una leggenda della prateria, una storia vecchia come il Texas: hobos, fuorilegge, Mexico, leggende, storie di vita, avventure. Sembra un romanzo di
Cormack McCarthy, tanto è coinvolgente, tanto il suo fraseggio melodico cattura sin dal primo ascolto. Le sonorità messicane ben si combinano con il sound texano della steel e la ballata cambia ancora ritmo, si rallenta, diventa più interiore, per poi riaprirsi ed aumentare di ritmo. Un brano, a dir poco, epocale.
Southern Comfort, introdotta dal pianoforte, è un country tinto di Gospel che puzza di Texas lontano un miglio: il testo è acido, ma la canzone è di quelle si ricordano al primo colpo, specie quando Allen gioca con le parole (Alabama, Mississippi etc). Notevole anche l'evocativa
Rio Ticino (è proprio il nostro vecchio fiume e si parla anche di Castelletto) dove una chitarra piena di sentimento apre una ballata molto intensa: la voce è espressiva e gli echi leggermente messicani la rendono ancora più profonda. Anche in questo caso il nostro sa unire tradizione ed attualità, giocando molto sull'uso continuo della fisarmonica e su arpeggi di dobro di grande effetto.
Altro brano di grande valore.
Red Leg Boy è una folk song allegra e ritmata: c'è un fiddle che fa partire la danza, perché di questo si tratta, poi la voce canta in modo molto tradizionale una canzone che sembra uscita dall'almanacco del Grand Ole Opry.
Cortez Sail viene introdotta ancora dal pianforte, poi un violno fa da sparring partner alla voce, mentre la fisarmonica è sempre dietro, come una costante. La fisarmonica è uno degli strumenti base del disco e da all'assunto tonalità evocative ed introspettive : da profondità e caratttere alle canzoni.
Cortez Sail è un racconto triste in cui la voce espressiva di Allen gioca un ruolo primario.
Musica che viene dal cuore. La storia di Cortez, il killer che ha distrutto una civiltà, è qui usata a guisa di metafora, il tutto attraverso una canzone dai forti accenni drammatici, sempre sostenuta da una parte musicale molto intensa.
Xmas on The Isthmus è un valzerone molto old fashioned. Un piccolo divertimento. Ma il disco riprende quota con la seguente
Ain't No Top Forty Song. Si tratta di una satira all'acido muriatico, che prende in giro le classifiche di vendita e le canzoni commerciali, il tutto attraverso una composizione dalla melodia diretta, dotata di un ritornello accattivante.
The Snow è discorsiva, limpida e lineare mentre
Give me the flowers chiude con molta nostalgia uno dei dischi più belli di questo iconoclasta.