TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS (Echo)
Discografia border=Pelle

          

  Recensione del  31/01/2004
    

Echo, il nuovo album di Tom Petty & The Heartbreakers, vede il leader riunirsi con il proprio gruppo dopo il solo Wildflowers. È vero che in mezzo c'è stata la colonna sonora del film She's The One, ma quell'album era troppo flebile per essere considerato un vero disco degli Heartbreakers. Echo è il seguito di Into The Great Wide Open del '91, e segna un trionfante ritorno al rock chitarristico che ha reso celebre il musicista della Florida. Oggi, in un mondo in cui la musica rock non detta più legge, ma viene ghettizzata in favore di musica che non è musica, un disco di questo genere è una boccata d'aria fresca, una vigorosa iniezione di vero rock, come da tempo non si ascoltava.
Petty ed i suoi spezzacuori sono, oggi come oggi, una delle migliori rock band al mondo, se non la migliore.
Il suono è pieno di forza, le chitarre sono brillanti e Tom canta come da tempo non lo sentivamo. Se She's The One poteva fare pensare che il combo si fosse rammollito, questo disco ci presenta una situazione molto diversa. Mike Campbell ha una parte basilare nell'album, il suo lavoro di chitarra è di prim'ordine (ascoltate l'intro di Free Girl Now, ha un riff classico, uno di quelli che hanno reso grande la nostra musica), ma anche il resto della band, dal pianoforte alla sezione ritmica sono in grande spolvero.
Compositivamente Petty è tornato il rocker di Damn The Torpedoes, con canzoni che graffiano, melodie che incidono. Inoltre questo album non ha uno o due brani belli ed altri sottotono, come spesso è successo nella discografia di Petty, ma si mantiene ad un livello qualitativo elevato. Merito anche di Rick Rubin cha ha curato la produzione ed il suono, assieme a Petty e Campbell. Bel disco quindi, tonico e vitale: fa piacere sentire le chitarre ruggire, la ritmica picchiare duro, e la voce di Tom aggredire come nei suoi momenti migliori.
Come sonorità Echo si può avvicinare agli ultimi due dischi degli Heartbreakers, cioè Let Me Up (I've Had Enough) del '87 e Into The Great Wide Open del '91, però ha dalla sua un valore globale decisamente superiore. Infatti, dal punto di vista della composizione, questo disco ha la forza dei momenti migliori di Petty, la dolcezza dei suoi progetti solisti e la rudezza del suono degli Heartbreakers. Le Canzoni. Room at The Top ha un inizio languido, con la voce che ha un che di nostalgico, mentre il gruppo ricama alle sue spalle.
Poi, dopo un breve crescendo, la canzone prende posizione e diventa una ballata fluida, dai toni accesi, con tastiere e chitarre sempre più in evidenza. La batteria è dura, Campbell si fa sentire, e Tom apre al voce, togliendo quel tono cadenzato: il brano acquista un suono turgido e potente. Counting on You appartiene ad un filone tipico, nell'ambito del suono pettyano. La voce traccia la melodia, molto orecchiabile, mentre la band da corpo al tutto con un suono molto intenso: le tastiere di Benmont Tench hanno una parte importante a cui da maggiore spessore la chitarra di Campbell.
Free Girl Now ha un attacco chitarristico degno delle grandi canzoni della storia del rock, da Sweet Home Alabama a You Really Got Me. Si tratta di un brano rock corposo e potente, cantato con voce accesa. Thls is rock, folks! Non a caso è stata scelta come singolo portante e sarà un sicuro successo nei circuiti delle radio rock e delle college radio. Il motivo centrale, classico nell'economia del suono di Tom, prende sin dal primo ascolto: il resto lo fa la band. Lonesome Sundown si apre con il pianoforte di Tench che tesse una melodia ad ampio respiro: la band ha un suono caldo, come anche la voce di Petty. Si tratta di una ballata classica, dal tempo lento, ma che si memorizza immediatamente. Swingin' ha un inizio chitarristico molto classico, quindi basso e batteria, poi un'armonica dylaniana, quindi la voce del nostro rocker.
Una voce intensa che ci mostra un Petty rinnovato, più profondo, più presente, più maturo. Swingin' è un rock di fattura classica, ed è già uno stardard nel repertorio del gruppo, e il binomio voce armonica risulta vincente. Accused of Love è discorsiva e ben costruita. Sembra un filastrocca con accompagnamento elettrico: il motivo è molto piacevole, si fischia dopo un solo ascolto, e la canzone, pur leggera, risulta decisamente accattivante. Echo, la canzone, si stacca dal cliché del suono classico della band. Si tratta di una composizione dai toni scuri, piuttosto triste ed intimista, più da cantautore che da rocker. "
È lo stesso, triste eco quando tu mi menti/è lo stesso, triste eco quando tu tenti di essere chiara/è lo stesso triste eco/che sta attorno a me", Le parole sono significative, Tom cerca una formula sonora adatta ad una canzone che parla di una relazione ormai alla fine. Non è la canzone che preferisco, ha dei toni smorzati e qualcosa di già sentito. Won't Last Long ha un intro rollingstoniano (la batteria sembra quella di Watts), e richiama proprio le pietre rotolanti inizio anni settanta. Billy The Kid, ode al noto fuorilegge, è lenta e, ancora una volta, tipica.
Petty canta con voce quasi impastata, mentre la batteria rulla di forza e la chitarra tesse le sue note: poi la canzone acquista la sua stabilità, l'organo di Tench crea un tappeto fluido e Tom continua imperterrito. Il brano cresce di ascolto in ascolto e risulta uno dei più interessanti. I Don't Wanna Fight ha un ennesimo intro di chitarra da dieci e lode. Batteria dura e Campbell sugli scudi: Tom canta con ardore una canzone che non brilla per originalità ma che ha il senso del rock stampigliato in ogni riga del pentagramma. This One's For Me invece è molto bella.
Si tratta di un folk rock alla Byrds, con il jingle jangle delle chitarre dietro alla voce, una melodia tersa ed un ritornello decisamente ben costruito. No More rallenta le tensioni: la chitarra acustica ed il pianoforte creano un tappeto di suoni avvolgente, la voce è distesa, rasserenata. L'altalena di brani rock e di ballate è la costante di questo disco che si fregia di un livello qualitativo decisamente alto. About To Give Out è di nuovo rock.
Aggredisce subito con una forza notevole, mentre il brano sembra fuoriuscito da un vecchio disco degli anni sessanta: il suo ritornello è quasi beat, ma l'accompagnamento è decisamente rock. Grinta e cuore. Rhino Skin si apre con un arpeggio di chitarra: è una canzone riflessiva, con la voce di Tom che assume tonalità particolari. Chiude l'album One More Day, One More Night. Brano lento, acquista forza mano a mano che si sviluppa. Un bel disco di rock, sano e corroborante, robusto e vigoroso. Un'ora di grande musica. Chi ha il coraggio di dire che il rock è morto?