WILLY DEVILLE (Horse of a Different Color)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Lo avevamo già annunciato da alcuni mesi e, quando pensavamo ormai fosse stato rinviato, eccolo apparire d'improvviso sui nostri tavoli redazionali. Willy De Ville ha inciso un disco nuovo, era ora. Loup Garou era un disco buono, ma non era uno dei più riusciti. Questo lavoro invece ci regala, in tutta la sua turgida bellezza, la latinità,, la voglia di musica anni cinquanta e i migliori luoghi comuni che hanno reso unica e grande la musica del gitano newyorkese. Willy non è nuovo ad exploit di questo genere, ci ha regala canzoni formidabili e dischi di grande valore.
Purtroppo in Usa non ha mai incontrato il favore del pubblico, al contrario della vecchia Europa (Francia, Germania ed anche Italia) dove la sua popolarità non è mai scemata. Horse of A Different Colour non è molto lungo, dura 45 minuti,, ma è la durata giusta, attraverso ballate formidabili e forti accemniì blues. De Ville canta bene, con rabbia, e, grazie alla produzione di un'esperto come Jim Dickinson , ci regala uno dei suoi dischi migliori.
L'album, inciso a Memphis (ora Willy non vive più a New Orleans, ma in Mississippi), si avvale del suono unico della Muscle Shoals Rhythm Section, cioè Roger Hawkins, batteria e David Hood, basso, quindi di altri musicisti di Memphis come lo stesso Jim Dickinson, piano, Cody Dickinson, batteria, e del formidabile pianista Spooner Oldham. La chitarra è nelle mani del fido Freddy Koella, da anni compadre del mostro. Il disco ha un suono vibrante, pieno e maturo, il resto lo fanno le canzoni. DeVille canta in modo forte e presente, e, sia che si lascia avviluppare dalle sue ballate sensuali e piene di meiodiia o che affronti un rude blues, il suo approccio e sempre di qualità.
Gypsy Deck of Hearts apre le danze. Il violino di Koella duetta brevemente con il piano di Oldham e con la sezione ritmica di Hawkins/Hood, mentre una fisarmonica tesse la sua tela nelle retrovie. Canzone romantica di grande presa, sembra uscita da un disco di Ben E King dei profondi anni sessanta, con la sua melodia avvolgente in cui campeggia, nitida, la voce di Willy.
Il tessuto melodico acceso del brano coinvolge subito e ci fa presagire un grande disco. Willy ci regala um classico nel suo stile più classico: non è un gioco di parole, ma il tentativo di spiegare con parole povere una grande canzone. Across The Borderline è considerata, non a torto, una delle canzoni più belle degli ultimi venti anni. L'ha scritta John Hiatt, ma l'ha resa celebre Ry Cooder, prima nella colonna sonora The Border (dove a cantarla era Baldemar Huerta, aka Freddy Fender) ed in Borderline. Willy la arricchisce con il suo tocco, introducendo sonorità messicaneggianti e levigando ulteriormente la melodia.
La ballata di confine ha qui una rilettura splendida, con un assolo centrale di piano estremamente gradevole, mentre il violino crea un solido tappeto sonoro. Anche la voce, molto trattenuta, canta in modo accorato. Willy riesce a toccare il nostro cuore ed a procurarci brividi, come da tempo non provavamo. Lay Me Dowm Easy è un'altra ballata ad ampio respiro.
Bella melodia, gran voce, piano e chitarra in primo piano. Si tratta d'una classica ballata alla DeVille, a cui un suono ricco e composito da ulteriore valore. Bello il coro che canta un refrain molto memorizzabile (Let Me Down Easyyyyy), mentre Oldham lascia correre le dita sulla tastiera. Il nostro sfodera la sua cultura anni cinquanta e regala emozioni vere. Goin' Over The Hill è un blues arso e ruvido. L'album cambia completamente registro: una slide introduce il brano, in perfetta solitudine, poi attacca la voce, subito doppiata da un coro femminile.
Sembra un vecchio downhome blues e Willy fa di tutto per rimanere legato alla più pura tradizione: solo voci e chitarra. One Love, One Lifetime torna indietro di trenta anni: bella melodia, up tempo errebi classico, voce meno dura e più aggraziata. Il suono è simile a quello dei dischi di Leiber & Stoller, leggi Coasters, e la canzone fa di tutto per non essere al pari coi tempi. Cè anche un coretto doo wop, tanto per gradire. Chiude il lato uno un'altra cover: si tratta di Needles & Pins, scritta da Jackie DeShannon, ma resa celebre dai Searchers.
Willy rallenta il ritmo e la fa in modo più soul, con una voce molto sixties ed una accompagnamento avvolgente. La canzone è sempre bella e l'arrangiamento confidenziale: manca il ritmo dell'originale, ma ci guadagna il lato melodico. 18 Hammers è una work song dura e vibrante: si riaffaccia il blues, quello cantato nelle prigioni, attraverso un brano solido . La voce di Willy, molto mutevole in questo disco, è contrastata da un coro maschile, mentre la ritmica picchia duro e la chitarra di Koella segna il brano profondamente.
Cambio di suono con (Don't Want You) Hanging' Round My Door: si tratta di una ballata soulful, suonata come dio comanda, con il classico train sonoro di Willy, periodo Coup De Grace. Una breve brass section segna il brano, cantato alla grande e suonato come oggi non si usa più fare. La melodia è di stampo classico, alla Stand By Me tanto per intenderci, ma con un sound più campagnolo, dato dalla vita in Mississippi, lontano dai suoni della città. The Downing ot The Flamingo, introdotta da una fisarmonica messicaneggiante, è un fluida composizione dai sapori latini, calda nei colori e scorrevole nell'assunto.
Il nostro canta in modo sciolto, lasciando scorrere la sua vocalità su una canzone di prim'ordine, mentre la base ritmica è decisamente old fashioned. Chitarra spagnoleggiante, melodia molto coinvolgente: il brano ha chiari riferimenti con il passato del nostro ed il suo approccio personalissimo alla musica latina. Bacon Fat inizia con un chiacchericcio, ma subito un chitarra imperiosa, un piano honky tonk ed una batteria pressante prendono posto: il sax ricama sul fondo, mentre le voci continuano a farsi notare. Willy sfodera una voce cavernosa e da sangue ad una canzone scura e notturna, vicina ai suoi amori più blues.
Time to Time chiude il disco.
Si tratta di una ballata lenta e avvolgente. Voce in primo piano, tempo cadenzato, melodia che nasce lenta, batteria che picchia, chitarra che lascia il segno, sezione fiati moderata: un insieme di suoni corposo e profondo che segna una canzone di stampo classico, forse non particolarmente originale, ma comunque coinvolgente, grazie anche al continuo crescendo dei suoni. Come bonus abbiamo la breve The Chicken Song: si tratta di un country blues, solo voce e chitarra, sullo stile di Mississippi John Hurt. Un omaggio ad un grande fatto da un altro grande. Gran Bel disco, che ci rincuora dopo i tentennamenti di Loup Garou.