TOWNES VAN ZANDT (A Far Cry from Dead)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Scomparso prematuramente a 52 anni, la stessa età di morte del padre, il primo giorno dell'anno, stesso giorno di scomparsa del suo idolo Hank Williams, Townes Van Zandt rimane uno dei più grandi talenti della canzone d'autore americana. Le sue canzoni scarne, sofferte e dolorose, a metà tra country, folk e blues costituiscono uno dei patrimoni della musica popolare, un'eredità artistica pari a quella lasciata dai grandi personaggi storici del folk, del country e del blues.
Uomo tribolato e contorto, Townes Van Zandt ha pubblicato nella sua carriera, iniziata discograficamente nel 1969, una ventina di dischi, i quali hanno riflesso la sua esistenza tormentata e maudit. Molti dischi live, tra cui gli splendidi Live At The Old Quarter e Road Songs, tempi lunghissimi tra una pubblicazione e l'altra, qualche stanchezza dovuta ai suoi noti problemi con l'alcool e le droghe, etichette quasi sempre minori e spesso fallite, Townes Van Zandt probabilmente non è riuscito a trasporre in un vero unico disco di studio la sua vena descrittiva, la sua profondità di scrittura, il suo talento d'autore ed il suo introverso carisma espressivo.
Qualità che, tanto per fare alcuni nomi, hanno impressionato ed influenzato gente come Guy Clark, Lyle Lovett, Steve Earle, Emmylou Harris, Jimmie Dale Gilmore, Nanci Griffith, i Cowboy Junkies and so on. A più di due anni dalla morte arriva un disco che in qualche modo riconosce la grandezza del personaggio ed in parte ridotta paga il debito che il mondo discografico ha nei suoi confronti. Certo c'è amarezza nel vedere che simili riconoscimenti sono postumi, avvengono a morte avvenuta ma non è la prima volta che una cosa del genere succede ed è ormai cosa nota che il mondo discografico (salvo rare eccezioni) generalmente non è fatto da filantropi e da "uomini di fede".
Comunque sia, la Arista (è la prima volta che una major si interessa a Van Zandt) pubblica uno splendido album con il commovente titolo di A Far Cry From Dead (la morte e i flirt con essa sono state una delle fissazioni dell'artista, tanto che alcuni amici lo hanno sentito predire l'esatto momento in cui sarebbe arrivata) in cui alcune gemme del suo songbook, registrate a Nashville tra il 1989 ed il 1996 con sola voce e chitarra sono state addizionate di un accompagnamento musicale postumo. La cosa si è resa possibile per il permesso della moglie Jeanene Van Zandt che, in possesso delle registrazioni del marito, ha lasciato che Eric Paul producesse l'operazione coinvolgendo alcuni dei più seri strumentisti di Nashville.
Le vecchie canzoni dell'artista, alcune delle quali tipo Pancho and Lefty, Dollar Bill Blues, Waitin' Round To Die, Rex's Blues e For The Sake Of The Song degni classici da essere inseriti in una nuova Anthology Of American Folk Music, hanno acquistato una veste sonora nuova che pur non intaccando il rigore e la scarna e commovente bellezza degli originali ne esalta il respiro ed il potere evocativo.
Il progetto è stato eseguito con misura e con estrema attenzione al personaggio e alla sua musica, chitarre acustiche, dodici corde, Rickenbacker e Danelectro, Gretch e steel guitar, basso e batteria, banjo e dobro, hammond e wurlitzer hanno lavorato di finezza, rendendo A Far Cry From Dead di una bellezza unica, mettendo Townes Van Zandt su quella strada tra l'acustico e I' elettrico propria di certi lavori di Steve Earle e Lyle Lovett. Fruibile ed espressivo nonostante la tristezza, la malinconia ed il senso di abbattimento della voce e della scrittura di Van Zandt continuino ad essere i padroni del disco, A Far Cry From Dead si può considerare una delle migliori registrazioni in studio del nostro anche se, prevedo, tale affermazione indisporrà alcuni tra i più puristi cultori del cantautore texano.
Ma Eric Paul e con lui Michael Spriggs, Craig Kampf, Bob Wray, Richard Bennett, Larry Knechtel, Russ Hicks,Kenny Malone, Charlie McCoy, Jim Calvin e Susie Monick, ovvero i musicisti coinvolti, hanno fatto un lavoro da veri artigiani del buon gusto, una cesellatura che in nessun momento viene meno all'idea originaria di Van Zandt, a quelle sue ballate agre, dolorose e profonde che ogni volta che le si ascoltano sono una morsa al cuore.
Insieme ai titoli già menzionati, il disco include To Live's To Fly, Greensboro Woman, Snake Mountain Blues, Tower Song e Many Fine Lady scritte dall'autore tra il 1968 ed il 1972. Più recente (1987) è Ain't Leavin' Your Love mentre novità assoluta sono Sanitarium Blues e Squash. Drammatica, premonitrice della imminente morte (You're thinkin' man i'd as soon be dead), popolata di incubi, di malati e di camici bianchi la prima, che conta sulle cadenze di una vera ballata rock, più svogliata e pigra le seconda, tipica con quella sua aria di folk acustico ciondolante su una highway per El Paso. Sono le due "bonus tracks" di un album che anche senza di loro sarebbe argomento obbligato per chiunque, sulle strade della canzone d'autore americana, ha costruito metà della propria discoteca.