Nell'ambito delle ristampe potenziate, che la Legacy sta curando molto bene, appare, finalmente, la versione completa del mitico concerto che
Johnny Cash tenne, il 13 gennaio 1968, nella prigione di Folsom. Questo disco, considerato non a torto il più bello dell'intera discografia dell'artista, acquista ancora maggior importanza con l'aggiunta dei brani tralasciati nella versione originaria. Ora il CD dura più di 55 minuti. La performance è notevole: Cash è contornato da un piccolo gruppo, e la sua voce splendida risuona nella la sala, coperta solo dagli applausi fragorosi dei carcerati che non possono credere alle proprie orecchie.
Questo disco ha iniziato la seconda, e più importante parte, della carriera di Johnny: la canzone
Folsom Prison Blues è entrata nelle classifiche nazionali Usa nel giugno '68 e ci è rimasta per diciotto settimane, cinque delle quali al primo posto, mentre l'album è rimasto primo per otto settimane nelle classitene country ed ha stazionato in quelle rock per ben centoventidue settimane (!!!), raggiundo il 13° posto. Si tratta, assieme a
Johnny Cash at San Quentin, il disco di maggiore successo del grande cantante. Cash è un tesoro nazionale americano, come lo ha definito più volte la critica e la sua voce rimane un punto fermo per la musica di ogni tempo, un pò come quella di Elvis Presley.
Il suo vocione, il suo modo di approcciare la musica stando sempre a contatto con le sue tradizioni, la sua profonda conoscenza della musica folk e di quella country, hanno reso Cash una sorta di enciclopedia musicale ambulante ed i suoi concerti sono, almeno in parte, il riflesso di tale situazione. Il resto lo fa il suono, il classico boom-chicka-boom, un suono semplice, abbastanza schematico, ma di grandissima espressività, creato all'uopo per evidenziare la sua voce unica.
Cash è un cantore della sua gente, non ha mai lesinato aiuti ai poveri, ai pellerossa, e, perché no, ai carcerati, per i quali ha dato innumerevoli concerti. Tra l'inizio del '68 ed il 1970 Cash raggiunge una popolarità straordinaria, non solo in ambito country, ma a livello internazionale, come una pop star: ma questo non gli fa montare la testa e lui continua, nei settanta e nelle decadi seguenti, a fare imperterrito la sua musica senza scendere a compromessi.
At Folsom Prison era un disco straordinario, ora lo è doppiamente.
La performance è splendida, brillante, con il nostro in forma smagliante ed i suoi musicisti, Luther Perkins, fratello del più noto Cari, e Marshall Granì sono degli sparring partners perfetti.
Folsom Prison Blues, composta nel 1954 ispirandosi al film
Inside The Walls of Folsom Prison, apre il concerto. Versione mossa, ben giocata sulla ritmica dei Tennessee Two e sulla chitarra del protagonista: il pubblico risponde entusiasticamente.
Busted è un valzerone dal testo ironico, che piace moltissimo ai carcerati, ma, dopo poco più di un minuto Johnny attacca una splendida versione del traditional
Dark as The Dungeon (che in questa versione dura un minuto e mezzo di più, rispetto a quella originale). Si tratta di una ballata antica, che johnny aveva appreso in gioventù, quando ancora viveva nelle campagne dell'Arkansas: la sua versione è, nella sua semplicità, da brividi.
La voce, da sola, tiene il pubblico in mano.
I Still Miss Someone, introdotta dal classico boom-chicka-boom, è un successo di vecchia data, risale alla metà dei cinquanta: melodia tersa, molto country, è tra le più note dell'uomo in nero.
Cocaine Blues è eseguita con grande fervore, con la ritmica accellerata, e la voce tesa a raccontare una storia incontra il gradimento totale del pubblico.
25 Minutes to Go è una country song pura come l'acqua e decisamente semplice nel suo assunto: la voce ha un'ottava in più e il boom chicka boom non perde un colpo.
Orange Blossom Special, il classico brano bluegrass fatto per evidenziare la bravura cii uno strumentista (è veloce e solo uno molto bravo riesce a suonarlo, di solito lo fanno i violinisti, che imitano alla perfezione il ritmo del treno): Cash ci da dentro di brutto con l'armonica a bocca e fa le veci dei violino. La gente si spella le mani.
Long Black Veil è un classico della canzone popolare americana: si tratta di una ballata epocale, con il sapore del West insito profondamente nelle note. La hanno interpetata in modo magistrale The Band, ma anche The Chieftains ne hanno dato una versione splendida: Cash, voce e chitarra, fa ancora di meglio. Rievoca pascoli e praterie a perdita d'occhio, fiumi rigogliosi e foreste sterminate: la sua è un'ode alla propria terra. Poi Johnny chiede un bicchiere d'acqua e si mette a dialogare con il pubblico.
Send a Picture of Mother è stata scritta solo la sera prima, così dice il cantante, e la sua primizia è una ballata struggente. La canzone, si dice dedicata alla propria madre, è il racconto triste di un figlio che chiede una foto della madre.
The Wall è un breve interludio, ancora voce e chitarra, molto espressivo proprio per la voce di johnny. Anche
Dirty Old Egg-Suckin' Dog, dedicata al proprio cane, è un quadretto intimo, solo voce e chitarra.
Flushed From the Bathroom of Your Heart è sempre acustica.
Joe Bean è la storia di un tipo dell'Arkansas, una sorta di piccola leggenda locale, che Johnny trasmette ai suoi ascoltatori, ipnotizzandoli con la voce e chiudendo così la parte più intimista del concerto. Johnny chiama sua moglie (
June Carter Cash) sul palco e, assieme alla band, attacca la nota jackson, grande successo di quel periodo (la hanno rifatta un pò tutti, da Dean Martin a vari crooner e country singers): versione spedita, cantata con voce sin troppo acuta da June, ma che johnny doma quando entra in scena. Ancora la moglie a doppiare la voce nella più moderata
Give My Love To Rose, una ballata tranquilla, giocata sul classico stile tradizionale di Johnny, con la melodia che fuoriesce lentamente.
I Got Stripes è un altro classico dei cinquanta, breve e succinta, è suonata in punta di dita e cantata ancora con June.
Poi è la volta della lunghissima
Joe Henry (più di sette minuti), una canzone di origine carceraria. Infatti, sin dagli anni trenta, se non prima, Joe Henry era già nel repertorio di bluesmen e folksingers. La versione di Johnny è particolare, con uno dei musicisti che fa il rumore tipico di chi sta rompendo la pietra, mentre lui canta l'odissea di Joe Henry e, con il boom chicka boom dietro alla voce, porta a termine la sua saga nell'entusiasmo generale.
Green Green Grass of Home dalle nostre parti era più nota per l'interpretazione di Tom Jones, ma Cash la fa sua con la voce inimitabile ed un accompagnamento tenue, a cui danno spessore alcune voci. Chiusura in crescendo con l'inno religioso
Grey Stone Chapel, scritto da uno dei carcerati di Folsom, un'amico di Cash, Glenn Shirley.
Il brano (che in questa versione dura più di sei minuti (contro i due del disco originale) è un gospel country di grande presa, ben giocato sulla voce e sulla scarna strumentazione: il finale vede Cash lasciare il palco, la band suonare ancora e lo speaker annunciare la fine della serata. Per conoscere a fondo un grande della nostra musica.