Non fosse costituito da canzoni già edite questo
Rough Harvest sarebbe un capolavoro tanto calda, bella, famigliare è la musica che scorre in questi tredici brani registrati informalmente per unico conforto e divertimento dell'autore e dei suoi musicisti. John Mellencamp "doveva" un disco alla Mercury dopo il suo passaggio alla Sony e questo è stato ottenuto assemblando delle registrazioni avvenute nello studio dell'artista al Belmont Mail nel 1997, durante una pausa di riflessione tra futuri progetti discografici e tour.
Rough Harvest è quindi un album che se da una parte assolve a degli obblighi contrattuali dall'altro è qualcosa di assolutamente informale ed intimo, qualcosa che risponde all'unico intento di soddisfare sé stessi, rifocalizzando alcune delle più belle canzoni del proprio repertorio con arrangiamenti molto diversi da quelli che si sono sentiti negli originali e nei concerti dal vivo.
Non è un greatest hits anche se, per i titoli selezionati, sembra il prosieguo di
The Best That I Could Do (1978-1988) spostato in anni successivi e nemmeno è il solito
unplugged perché se da una parte la nota più evidente di questi arrangiamenti è il massiccio uso del violino da parte di
Miriam Sturm e la presenza costante in primo piano delle chitarre acustiche, dall'altra le chitarre elettriche e la sezione ritmica continuano a lavorare come una vera rock'n'roll band. Certo il titolo,
cattivo raccolto, non lascia dubbi circa lo stile di queste registrazioni, improntate a dare della musica di Mellencamp una versione più da fattoria, intimista oltre che rootsy and folkie, sulla falsariga di quei temi rurali e hillibilly in cui lo stesso autore si è spesso identificato, prima con le visioni sociali anti-establishment di
Scarecrow e del Farm-Aid, poi con l'esplicito approccio alla musica degli Appalachi in
Lonesome Jubilee, infine con il ripiegamento domestico e appartato di
Big Daddy e con la saga country del film
Falling From Grace.
Rough Harvest coglie un Mellencamp folkie molto legato alla sua terra e alla sua privacy in provincia, a tratti è un disco malinconico e riflessivo, altre volte è più solare e "spazioso" ma, comunque sia, gli estimatori del rock nudo e crudo del piccolo bastardo non si sentiranno traditi perché le canzoni sono splendide e per di più trattate con una sensibilità rootsy che meglio non si potrebbe. La scelta del materiale segue la sequenza degli album che si sono succeduti dopo
The Lonesome Jubilee del 1988 ma a conferma del suo peso tematico ci sono tre brani di
Scarecrow ovvero
Between A Laugh and a Tear, Rain On The Scarecrow e Minutes To Memories, naturalmente rifatti ex-novo. Poi c'è un brano del chitarristico e duro
Whenever We Wanted (
Love and Happiness), due brani di
Human Wheels, album piuttosto dimenticato nei suoi concerti, ovvero la title track e
When Jesus Left Birmingham, due brani dello "sperimentale"
Mr. Happy Go Lucky (
Key West Intermezzo e The Full Catastrophe), un estratto di
Big Daddy (
Jackie Brown) e la versione live di
Wild Night di Van Morrison, la cui versione in studio era contenuta in
Naked.
Le altre tre canzoni sono cover: una versione elegiaca e pastorale, con qualche sfumatura messicaneggiante, di
Farewell Angelina di Dylan, il rifacimento un pò gospel ed un po'
Lonesome Jubilee (ma non c'è la fisarmonica), con un mirato intreccio di violino, percussioni e chitarra del traditional
In My Time Of Dying ed una pacata versione del classico dei Drifters
Under The Boardwalk che per il suo carattere "negroide" ed urbano sembra la mano addentro al
Rough Harvest. A suonare con Mellencamp sono i membri della sua attuale band, quella del suo primo album per la Sony e del suo recente minitour europeo ovvero Dane Clark e Toby Myers alla sezione ritmica, Miriam Sturm al violino, Andy York e Mike Wanchic alle chitarre, Moe Z. alle tastiere e Janas Hoyt vocalist aggiunta.
Come già detto lo stile del disco ha una prevalenza di suoni acustici nel senso hillibilly, c'è un uso massiccio del violino che a volte sembra perfino ridondante ma non c'è la fisarmonica, la band suona sciolta ed informale ma gli arrangiamenti sono ben amalgamati e finalizzati ad una descrizione rurale dell'immaginario americano. Tutto il disco funziona ma
Love and Happiness è davvero trasformata con il violino che stride, la chitarra elettrica che distorce e quella acustica che riporta al focolare di casa e
Minutes To Memories, pur conservando il suo originario rock power, è quasi un brano della Handsome Family tanto è pervaso da dramma e senso epico.
Bellissimo l'arrangiamento di
Between A Laugh and a Tear, con le tastiere nello sfondo che suonano come quelle di Roy Bittan nel quarto Cd di
Tracks ed irresistibile è il rifacimento di
Rain On The Scarecrow reso ancora più american gothic country da una versione in cui dell'originale è rimasto solo uno scheletro, uno spaventapasseri in un campo gelato del Midwest.
The Full Catastrophe è sensuale e si avvicina al blues per via di una chitarra che slida alla maniera del Delta,
Human Wheels e When Jesus Left Bimiingham finalmente vedono nuova luce.
La prima, accentuata in termini rootsy con una batteria sfilacciata che ricorda il
Gambling Bar Room Blues fatto da Mellencamp per il tributo a jimmy Rodgers, mantiene il suo refrain irresistibile anche se il cantato dell'artista è quasi svogliato, volutamente understatement, la seconda a causa del violino della Sturm, più country (e meno raffinatogli quello di Lisa Germano, perde il gospel e vagabonda folkie.
Jackie Brown è a due voci e fa piangere,
Wild Night è in sintonia con l'ultimo Mellencamp live, è stringata e rhythm and blues. Se John Mellencamp voleva offrire il suo lato più intimista e contadino ci è completamente riuscito,
Rough Harvest è la terza faccia di un artista che a seconda dei casi può interpretare una stessa canzone in maniera rock, rhythm and blues o country-folk. Ovvero è un grande.