Uscito dal circuito dei college del Texas centrale con un paio di album indipendenti,
Jack Ingram dopo
Live At Adair's era approdato alla scuderia di Steve Earie con lo splendido
Livin' Or Dyin' del 1997. Ora il texano bissa con
Hey You, album prodotto dal chitarrista dei Dukes Richard Bennett che ripropone una robusta razione di rock rurale rinvigorito da sane dosi di country & western e honky-tonk. Jack Ingram non è distante dai modi musicali di Steve Earle, lo dimostrano alcuni brani di questo album e lo dimostra l'humus da cui lo stesso songwriter proviene.
Earle, assieme a Ray Kennedy, produceva
Livin' Or Dyin', ora la produzione è passata ad un altro Dukes e la sostanza non cambia perche di nuovo la musica di Ingram è un country-rock spedito e swingato, cantato con una voce da tagliaboschi capitato in città e suonato da una Beat Up Ford Band che mischia acustico ed elettrico e sterza una musica che raccoglie i sapori ruspanti delle radici. Al disco partecipano anche Todd Snicler e Bruce Robison, due colleghi strettamente connessi a livello tematico con Jack Ingram ed alcuni brani sono co-scritti con Snider e con Jim Lauderdale. Dodici brani firmati,solo o in compagnia, dallo stesso Ingram a dimostrazione che il nostro si qualificatila stregua di Todd Snider,come un personaggio in cui è difficile separare il country-rocker dal songwriter.
L'intro pianistico della splendida
Biloxi, canzone con cui si apre
Hey You, conferma la doppia natura del nostro, una ballata dal tono evocativo con lo sfondo del Golfo del Messico e rassicurazione che giù a Biloxi tutti i problemi saranno dimenticati. La struttura musicale è quella della ballata on the roacl, uno dei temi prediletti da Ingram anche se non il solo. Evidenti peraltro sono il country pop di
Feel Like I'm Fallin' Love (sembra un titolo di Elvis) scritta con
Todd Snider e di
How Many Days, entrambe adatte ad una programmazione da stazione country out of Nashville, il country-rock classico di
I Would, uno dei brani scritti con
Jim Lauderdale ed il rock'n'roll strascicato e straccione di
Barbie Doll dove sembra proprio di sentire il primo Todd Snider.
Sono le highway, le campagne ed il confine il luogo dove nascono le canzoni di Ingram, quel tipico paesaggio che da Nashville via Texas arriva in Messico senza che ci si accorga dei kilometri e del tempo trascorso. Musica da bikers, sognatori e camionisti, un paesaggio non nuovo ma comunque ancora credibile,almeno per un disco di rock'n'roll. Rispetto al precedente
Livin' Or Dyin', il nuovo disco sembra più pulito e commestibile, meno ruvido e swingato, un po' la stessa cosa intercorsa tra il primo ed il secondo album dell'amico Todd Snider. Non che l'honky-tonk di Ingram sia finito a Nashville ma è come se avessero aggiunto nei locali dove l'artista ha registrato il cartello "vietato fumare".
Intendiamoci bene, Ingram non si è dato alla new-age né al rock salutista; basta sintonizzarsi su
Anymore Good Loving un pezzo di honky-tonk abbellito di western-swing in linea col materiale del precedente lavoro oppure su
Mustang Burn, rock stradaiolo cantato con rabbia e suonato con la sporcizia di chitarre
drunkie, (la acustica di Ingram e le elettriche di Mike Mc Adam e di Jens Pinkernell), per accorgersi che Jack Ingram è ancora un outlaw fuori dalle parocchie, qualsiasi cosa esse siano. Belle,inoltre, le due canzoni del confine. In
Inna From Mexico sembra di sentire lo
Steve Earle più dolorante con l'aggiunta di un lamento slide alla Ry Coocler, in
Juanita c'è tutto l'armamentario musicale del border ed un verso che non lascia dubbi "
lei può tenersi tutti i miei dischi di Willie Nelson,può tenersi il mio poster in velluto di the King, può tenersi qualsiasi cosa lei ha preso perché quello che voglio io è solo una cosa". Se amate Juanita e vi piace il
domestic blues di Bap Kennedy, Todd Snider, Bruce Robison e Robert Earl Keen,
Jack Ingram può farvi allungare la lista della spesa.