TOM OVANS (The Beat Trade)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

Mi atto che Tom Ovans sia un emulo di Dylan non deve impedire di valutare i suoi dischi per quello che sono, senza cadere nel confronto col maestro e liquidarli così sbrigativamente come delle copie carbone. Certo trovo imbarazzante sentire come la sua voce ed il suo folk-rock ricordino troppo da vicino quelli di Dylan ma Tom Ovans è questo, prendere o lasciare. The beat trade non si sottrae alla regola, evoca Dylan (in particolare il suono di Time out of mind) alla grande e come gli altri suoi dischi soffre un po' di monotonia.
A metà strada tra acustico ed elettrico, scarno e sofferente, pessimista e cupo, il nuovo lavoro di Ovans insegue gli episodi migliori della sua discografia, l'esordio di Industrial Days ed il terzo Tales from the underground e come questo è notturno e scheletrico, venato da un folk-rock urbano di sottile fede elettrica. Non sono solari e consolatorie le canzoni di Ovans, piuttosto inquietano per la voce acre e monocorde che le accompagna, una voce che ha la notte dentro di sé e racconta storie di ordinaria incomprensione sulle strade della provincia americana.
Da Nashville al Texas, il cammino di Tom Ovans non è costellato da stelle ma da perdenti e drop-outs che vivono in hotel da quattro soldi e sognano un amore che li possa scaldare almeno per un giorno. The beat trade è stato registrato ad Austin con la partecipazione del poli-chitarrista Robert McEntee, del bassista Randy McCullough, della omnipresente compagna di Ovans Lou Ann Bardash, del mandolinista Vince Farsetto, oltre a naturalmente all'autore che, come da copione dylaniano, canta, suona la chitarra acustica e l'armonica.
Da un simile ensemble scaturiscono dodici ballate che oscillano tra la veste acustica de! folk e la dimensione elettrica del rock e mettono in campo una caustica osservazione dell'America di provincia e non dimenticano il tempo e l'ambiente in cui sono nate, come suggeriscono i titoli dei suoi album Industrial Days, Unreal City, Tales From The Underground, Dead South e Nuclear Sky.
Sembra che Tom Ovans appartenga ad un nuovo tipo di folk di protesta, ancora spartano nei modi sebbene non vincolato al purismo acustico di un James Eklund. In Hey Woody Guthrie Ovans se la prende contro il nuovo ordine americano e lo fa con gli stilemi delle folk-songs anni '60, in The Monkeys Have Landed l'armonica ed il ritmo scalpitante fanno venire in mente lo spirito "polemico" e protestatario del primo Bennato, Bozo World tra rumori sinistri e oscurità latente sa di folk industriale di fine millennio.
Altri titoli da ricordare sono Where the moon shines bright una ballata rifinita con un buon gioco di chitarre che dilatano il paesaggio alla maniera di certe cose psichedeliche, Salvation altro brano desolato e desertico e la tenue Just to be with you con quelle sfumature border. Il limite di Ovans è la voce monocorde e la troppa somiglianzà delle canzoni, oltre al freddo che queste mettono addosso. Ma tra l'high-tech delle metropoli del Nord e i chiassosi roadhouse del Sud, ci sono strade in America che portano ancora al nulla.