GUY CLARK (Cold Dog Soup)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Guy Clark, Texano, classe 1941, è uno degli originali. Malgrado nella sua carriera non abbia pubblicato molti dischi, ha saputo mantenere uno stile ed una forza morale che ben pochi artisti hanno mostrato di possedere. Guy è uno che scolpisce le canzoni nella memoria: come un mastro carpentiere (una figura cara al cantautore) il nostro costruisce le canzoni, le plasma con la sua materia, le adatta al suo stile, con quella particolare esposizione vocale tra il parlato ed il cantato, e le permea di una musicalità rarefatta e coinvolgente, decisamente personale.
Sin dal suo esordio, con lo splendido Old N 1, Guy ha infilato una serie dischi che, nel bene e nel male, tra alti e bassi, hanno saputo mantere alto il suo status di autore puro ed incontaminato. Il recente Dublin Blues, l'ultimo inciso per una major, aveva creato non pochi entusiasmi da parte di certa critica. Poi Guy ha firmato per la indie di lusso Sugar Hill dove ha editato il live Keepers, inferiore alle sue prove di studio. Ma con questo nuovo album torna in forma smagliante con le sue classiche ballate lente, con le immagini vive, con la sua poesia: ricordi di vita, piccoli acquarelli, spazi immensi, strade a perdita d'occhio.
Le canzoni di Guy eccitano la nostra memoria, creano immagini, vivificano un ascolto già di sé stesso intrigante: sono pochi gli autori che sanno dare un afflato poetico alla propria musica come il texano. Basterebbe la canzone che apre il disco, Cold Dog Soup, un'ode alla poesia, con richiami a William Butler Yeats, Tom Waits, Townes Van Zandt, Allen Ginsberg e jack Kerouac, per definire il lavoro. Una canzone che inizia con un parlato e che poi si apre ad una splendida melodia, costruita su due voci e accompagnata da un tappeto strumenti a corda: semplice e bellissima, profonda e toccante. Come i dischi precedenti, Cold Dog Soup non avrà certamente successo, ma il livello emotivo che sa creare la sua musica trascende le classificazioni e leva ogni dubbio sulla sua eventuale fortuna commerciale. Guy rimane uno di quei rari cantautori, di cui ormai si va perdendo lo stampo, che vengono studiati dai giovani artisti ed ammirati da quelli più anziani.
È un capostipite, un originale. Amico di lunga data di Jerry Jeff Walker e Townes Van Zandt, è anche un grande estimatore di Steve Earle, di cui interpreta con amore la bella Ft. Worth Blues, accompagnato dalla voce di Emmylou Harris. Come un pittore dipinge la sua tela, Clarke dipinge con le sue parole: i suoi acquarelli sono vividi, pieni di luci e di brillanti colori, perché lui riesce a catturare la vita reale ed a renderla in immagini.
Dopo le due canzoni già citate ecco il folk-grass, una sorta di square dance ante litteram, Fiddlin' Six Draper, dove un violino fa da contraltare alla voce, mentre un tipico tempo di danza accompagna la canzone, di chiara matrice popolare. Ain't No Trouble to Me, che è strumentata in modo parco e giocata sulle chitarre, è una ballata malinconica, molto introspettiva, che richiama i classici del nostro: la melodia è di stampo quasi tradizionale, il riff centrale molto piacevole. Walking Under the Bridge si rifà ad un noto motivo, almeno per quanto riguarda l'intro della chitarra: poi la composizione si sviluppa lenta, rarefatta, come un racconto di fine ottocento, con le sue pause, i suoi colori autunnali, la sua atmosfera down home. Affascinante.
Forever For Always, For Certain è un'altra rimembranza del passato, ha il passo lento dei brani di Guy ed è cantata con la solita voce profonda, mentre un tappeto di strumenti acustici dipinge il background. Men 'll Be Boys inizia solo con le voci, poi entrano gli strumenti, in una sorta di giga folk, e di nuovo la voce prende le reclini del brano, una filastrocca dal sapore popolaresco. Il disco si mantiene su standard molto alti, impreziosito da una base strumentale scarna ma estremamente efficace e cantato con la solita voce profonda.
Indian Head Penny è una storia di confine, una ballata arsa dal sole, a cui un'armonica affilata ed una chitarra sapida danno il giusto equilibrio. Bunkhouse Blues è uno dei momenti migliori del lavoro: si tratta infatti di un brano di estrazione folk, cantato con grazia e suonato in punta di dita. La melodia, che esce leggermente dagli schemi Clarkiani, è tra le più limpide dell'album. Red River è un ricordo del west. Chiudono il lavoro, intenso e di grande presa, la lenta Die Tryin' e la toccante Be Gone Forever, dove Guy viene doppiato dalla dolce Emmylou. Guy Clarke, che erroneamente viene considerato country, è invece un cantautore profondo che ha influenzato legioni di musicisti, non ultimi gli emergenti Richard Buckner, Owen Temple, Roger Creager, Cory Morrow, Luke Olson, Adam Carrol, solo per nominarne alcuni.