MASSIMO BUBOLA (Diavoli & Farfalle)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Ancora un altro album intenso per Bubola Massimo from Verona che raccoglie in questa sua nuova avventura tredici nuovi brani che vanno così a rinpinguire il suo già notevole repertorio. Diavoli & Farfalle riprende il discorso interrotto precedentemente e ripropone questo musicista - cantautore mi sembra limitante - alla distratta platea nazionale: finalmente anche il grande pubblico si sta accorgendo dell'esistenza di questo artista e già il Premio Tenco, dopo un silenzio di anni, si è deciso, lo scorso mese, di riconoscergli un attestato di merito.
La morte di Fabrizio De Andre ha lasciato un vuoto incolmabile nella musica italiana e molti artisti - Battiato con due cover nel suo ultimo album, Venditti con una canzone alla memoria - si sono già schierati tra le fila degli adoranti. Massimo, che di Fabrizio è stato amico e collaboratore, intelligente si tiene lontano da queste messe alla memoria e testimonia la sua amicizia artistica con De Andre incidendo un album ricco di elementi rockeggianti che trova nelle ispirate liriche un punto di forza. E la capacità di comporre, di scrivere testi e di cercare il suono giusto per ogni espressione, questa esperienza Massimo l'ha vissuta con Fabrizio e questo album riuscito nella unione tra ballata rock e testi mai banali, è il miglior regalo che Massimo potesse fare all'amico scomparso.
Bubola continua poi con la sua scelta spartana: niente rockstar luccicanti alla ricerca di allodole, ma giovani musicisti che sappiano partecipare in sala d'incisione, con idee e critiche, alla stesura di brani. E così ritroviamo alle tastiere Giovanni Boscariol, Piero Trevisan al basso, Moreno Marchesin alla batteria e il bravo Simone Chivilò alle chitarre; Elizabeth Geel, una cantante olandese scoperta da Massimo, si alterna poi alla seconda voce. Passiamo ora alla parte musicale di questa nuova registrazione: il suono è molto più compatto del precedente Montresor, in Diavoli & Farfalle regna l'amore per le ballads ed i modelli di riferimento sono molto alti: Dylan, Tom Petty, Mellencamp.
Oltre ad essere un buon compositore, Bubola si rivela, album dopo album, un abile prestigiatore di suoni. Nelle canzoni che compongono Diavoli & Farfalle vi sono oltre ad ottimi arrangiamenti - ascoltare con attenzione l'uso delle chitarre - e alcune idee davvero interessanti. L'album è aperto dalla bellissima Ballata dei luminosi giorni che oltre all'uso di un aggettivo inusuale - "luminoso" ricorda molto a noi ultraquarantenni le poesie/parabole di Mao Tse Tung - oltre alle citazioni dotte Prospero e Calibano sono personaggi shakespiriani, mentre Eloisa e Abelardo e Isotta e Tristano sono le immagini della coppia romantica e indistruttibile - oltre all'inusuale utilizzo di vocaboli poco frequenti nella canzone italiana "civette", "sibille", "satiri", "fuliggine" etc .
Trova il tempo per infilare immagini poetiche di grande intensità come: "Si può perdere tutto senza aver mai rischiato niente si può morire mille volte per vivere per sempre" per concludere la canzone con altre vivide immagini: "Io brindo a quelle antiche sere, alla musica lontana io brindo al figliol prodigo, alla mia moglie gitana io alzo il mio bicchiere d'oro col vino da due soldi cantando la ballata dei luminosi giorni...".
Questa canzone, semplice e lineare che giustamente apre l'album e sarà la chiave portante di questa nuova fase buboliana, presenta un tocco magico di rara bellezza: ascoltate il coro che dal fondo fa da controcanto alla voce principale. Poteva essere un coro banale che serviva da supporto al cantante invece la scelta di un suono filtrato aumenta l'aurea magica del brano, aurea che ritroveremo in molte altre canzoni presenti in questo album. I più attenti sostenitori di Bubola, e molti buscaderiani lo sono, hanno già capito che il titolo dell'album, Diavoli & Farfalle, rivela una dicotomia particolarmente cara al musicista: sempre, in ogni manifestazione umana, si può rilevare la presenza della componente poetica, le farfalle, o esoterica o sognante, ipotesi ben rappresentata dalla presenza del Diavolo.
E quindi in molti brani - ricordate la dark song Corvi nel precedente album? - si respira un'atmosfera che più che Stephen King riporta al classico e irraggiungibile Edgar Allan Poe. Ecco allora Emmylou, una storia d'amore dal finale tragico e vissuta con gli occhi del marito uxoricida, ecco Capelli Rossi senz'altro meno tragica ma ricca di figure care a certe mitologie - le rane nei fossi, i capelli rossi, le civette, le altalene che si muovono da sole nella notte, il canto notturno e misterioso - mentre la voce di Massimo si fa sempre più cupa e introspettiva. Sempre sulfurea è poi Il patto con il Diavolo dalle bellissime liriche. Non potevano mancare i riferimenti letterari ed ecco allora Mister Vertigo ispirato da un bellissimo libro di Paul Auster, ecco il ritratto poetico, dopo Di no Campana, di Tina Modotti una fotografa che per amore ha attraversato le rivoluzioni (Bubola per scrivere questa canzone si è documentato leggendo "Tinissima" di Elena Poniatowska, Frassinelli editore e "Tina Modotti Vita, arte e rivoluzione" Lettere a Edward Weston 1922-1931 a cura di Valentina Agostinis).
Originale mi sembra poi il Blues di Re Teodorico in cui su una lenta ballata si narra la vicenda tutta italiana di un re barbaro, che poi barbaro non lo era poi tanto, che morì, così almeno raccontano le leggende, in groppa ad un destriero nero. Dopo aver attraversato l'Italia - "da Verona a Messina ci mise un attimo o poco più/ capì quand'era ormai tardi che quel cavallo era Belzebù... " (notare la citazione di Verona obbligatoria negli album di Bubola) - il cavallo nero, alias il Diavolo, si precipita nel vulcano dove, si narra, inizia l'Inferno. ».. Pochi sono gli elementi di realtà in questa storia, probabilmente il barbaro Teodorico, che barbaro non era, sarà morto nel suo letto ma la leggenda popolare lo ha innalzato a mito e bene ha fatto Massimo a riprenderne la trama quasi dimenticata dalle giovani genti. Prima di concludere avrei ancora molte cose da dire, sarò quindi telegrafico: pregevoli sono Lettere mai spedite, la dolce Malinconie nascoste [/i]("... e tutta la realtà era allagata dai sogni/arrotondavo il mio cuore, affilavo i miei legni/una fionda in tasca nella sagrestia/dieci Pater Noster, dieci Ave Maria" ) e la conclusiva Se questo è un uomo titolo ripreso da un celebre libro di Primo Levi, preghiera toccante posta al termine dell'album come monito di riflessione.
Una degna chiusura per un album ricco e la cui nota negativa è forse l'eccessiva lunghezza - quasi settanta minuti - ma è un peccato veniale.Tra le tredici canzoni vi è una bellissima cover che ha già avuto gli apprezzamenti dell'autore: si tratta di E una tirata d'orecchi versione di [i]And a bang of the ear di Mike Scott
degli Waterboys in cui Massimo riesce a mantenere il senso delle frasi originali senza perdere in musicalità. Quattro stelle meritate per un artista ormai nel cuore dei buscaderiani.