MARK DAVID MANDERS (Chili Pepper Sunset)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  31/01/2004
    

Non è il primo disco che recensiamo, abbiamo già parlato su queste pagine del texano MD Manders con il suo lavoro precedente, l'ottimo Tales From The Couch Circuit. Ma Mark David aveva già inciso un disco, prima di quell'album che lo aveva rivelato a noi del Busca: People & Places. Terzo lavoro nel giro di tre anni per uno dei cantautori texani più promettenti ed innovativi. Infatti Manders ha le sue radici fortemente legate alla terra da cui proviene, ma mischia le tradizioni del Texas con elementi folk, sonorità irlandesi e qualche tocco mexican.
Un cantautore che deve molto a Jerry Jeff Walker ma che ha anche un debito nei confronti di Lloyd Maines, insostituibile guru della scena texana. Dove appare Maines siamo pressoché sicuri che il prodotto sia di qualità, se poi il musicista coinvolto è anche bravo, come appunto Manders, il risultato è ben al di sopra della media. Canzoni folk, melodie dal sapore tradizionale, ampio uso di violini, ma anche cornamuse, tin whistles, chitarre varie, dobro ed altri strumenti. Ma è il Manders autore che esce allo scoperto: se il disco precedente faceva prevedere un talento in procinto di esplodere, questo disco conferma tutto quanto di buono scritto su di lui in precedenza.
Tredici canzoni, quasi cinquanta minuti di grande musica. Black Jack Road è una tonificante ballata alla Guy Clark, con il violino in bella evidenza, una melodia scintillante, ed un base ritmica molto mossa. Il motivo di base sta tra folk e country e si memorizza all'istante, grazie anche al bel lavoro di David Bennett al violino, grande protagonista del disco, dopo l'autore. Telephone Song è una ballata più lenta, con Jerry Jeff nel cuore, e le vaste pianure del Texas nella mente. La scrittura di Manders è fresca e il suono della sua band (Nuevo Texas), è un ibrido molto gradevole di folk e country che non ha eguali ne in Texas, né al di fuori dei suoi immensi confini. Three Fingers Tequila è puro Texas sound, con la band che suona a memoria, mentre Mark snocciola la sua melodia semplice ma decisamente coinvolgente, un racconto di bevute dal fondo agrodolce. Gillespie County Peaches è più lenta ed introspettiva, con il violino sempre dietro alla voce.
Quello che impressiona nel suono di Manders è il body work totale esistente tra cantante e gruppo, un suono talmente personalizzato che, pur avendo dei punti di riferimento, come ogni musicista di oggi, ha una sua ben definita personalità. Anne Marie sposta l'asse dal Texas all'Irlanda e, come per i Mollys, anche questo brano ha un incedere epico: la melodia è chiaramente texana, il contorno, tra violino e tin whistles, crea un suono affascinante, romantico e nostalgico al tempo stesso. Esecuzione di grande qualità per una canzone che non smetterò mai di suonare: il binomio fiddle/tin whistles è una carta vincente. Not All Angels è lenta, tranquilla, interiore, quasi voce e chitarra: ma gli altri strumenti creano il solito velo e la doppia voce di Terri Hendrix rende tutto più affascinante.
Jim Murphy è una lunga ballata: c'è un lungo intro strumentale per solo whistle, poi la canzone si apre con una chitarra dalle tonalità messicane, quindi, con l'entrata della sezione ritmica, il brano prende corpo. Il suono si fa ad ampio respiro, la chitarra si inventa un riff molto piacevole e Manders inizia a cantare. La ballata, dal sapore epico, è uno dei classici texani che, tra qualche anno, ricorderemo ancora. Nei suoi sei minuti il nostro lascia girare a piacere i vari strumenti, lasciando spazio alla chitarra di giostrare, ma senza dimenticare i musicisti di contorno che donano al brano una full immersion melodica decisamente fuori dal comune. Scars & Souvenirs è lenta e molto country. Manders è abbagliato dalla bellezza del paesaggio che lo circonda, dalla magia delle Chisos Mountains, e questa sua fascinazione nei riguardi della natura viene trasmessa in modo limpido alla sua musica.
Una musica libera, fresca, volitiva, piena di idee. L'album continua su questi livelli qualitativi, senza mai calare di tono. Mountain of Gold è un'ode romatica alle montagne appena citate, mentre Headin' Out West, più elettrica e veloce, è un country rock di chiara matrice texana, sempre reso personale dall'uso della voce del leader e dal costante accompagnamento del brillante violino di Bennett. Chiude il disco la scherzosa Beer che dura più di sei minuti ma è divisa in due parti. Beer è una square dance molto allegra, con le voci all'unisono che dicono Beer mentre il violino danza al di sopra di tutto, mentre la seconda parte è la rilettura di un vecchio classico, Big John (attenzione, tra le due canzoni c'è quasi un minuto di silenzio) (altrimenti intitolato Big Bad John), molto popolare all'inizio degli anni sessanta (nella versione di Jimmy Dean).