TODD SNIDER (Happy to Be Here)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Esordio fulminante, nel 1994, con Songs for the Daily Planet. Il cantautore texano (nato a Portland, Oregon, ma cresciuto nei sobborghi di Austin, Texas), classe 1966, si era fatto largo nel mondo del rock con un album scintillante, sospeso tra ballate acustiche e canzoni satiriche, tra brani rock e geniali intuizioni melodiche. Un disco intrigante che aveva sciolto ogni dubbio sulle qualità di questo giovane, scoperto da Keith Sykes che lo ha subito raccomandato al suo boss, Jimmy Buffett, che non ci ha pensato un attimo a lanciarlo sulla sua etichetta, la Margaritaville Records.
Quel disco d'esordio, grazie alla splendida ghost track, Talkin' Seattle Grunge Rock Blues, ha avuto una grande eco di stampa ed un buon successo di pubblico. Poi, due anni dopo, Todd ha edito Step Right Up, un seguito di qualità dove il nostro ha continuato a mischiare bluegrass, blues, folk rock, country rock con la sua vena da cantautore. Un buon disco, anche se non brillante come l'esordio. Con il terzo lavoro, Viva Satellite, Todd ha cambiato suono, dando più vigore alla sua musica ed ha lasciato, momentaneamente, le strade cantautorali che avevano distinto i primi due lavori: il disco, molto elettrico e petty-ano, non ha portato fortuna a Todd, che è stato scaricato dalla MCA, ora Universal.
Questo quarto album è stato atteso a lungo e mostra un ritorno verso le sonorità che gli hanno dato una piccola fama, ma è anche un disco che fa riflettere sulla condizione di un cantautore sbocciato troppo in fretta che deve continuare una strada irta di problemi in un mondo che accetta malvolentieri musica impegnata. Già il fatto di essere un cantautore, di fare della musica elettroacustica, di essere controcorrente, non depone certamente a suo favore, se poi, come Snider, si esce dagli schemi si finisce per essere emarginati. Todd è un solitario ed un ribelle e, da spirito libero, fa musica che rappresenta la sua condizione di musicista.
Non ci sono mezzi termini. Happy To Be Here torna quindi al suono scarno del primo disco e si mantiene ad un livello buono e, in almeno cinque canzoni, il nostro graffia con lo stesso spirito indomito che ha caratterizzato il suo debutto. Nel disco suonano: Keith Cristopher, Ray Kennedy, Joey Spampinato (NRBQ), Pat Buchanan, Johnny Neel, Wayne Jackson & Jim Hoke (Memphis Horns), Rivers Rutherford, Will Kimbrough, Peter Holsapple, Tammy Rogers, Kim Richey, Paul Buchignani più una bella serie di backing vocals.
L'album è prodotto dall'alter ego di Steve Earle, Ray Kennedy, che, come nel caso di Steve, lascia un suono spartano e diretto alle spalle dell'autore. Happy to Be Here è una ballata acustica d'altri tempi: sintetica e coinvolgente, si basa su voce ed armonica, ed ha un feeling fortemente dylaniano. Ma Snider ci ha abituato a canzoni di questo genere e fa piacere il suo ritorno verso sonorità cantautorali pure. Forty Five Miles è un blues cantato con voce profonda, suonato in modo fluido: non particolarmente originale nel suo assunto, ma dotato di un sound corposo in cui chitarre e sezione ritmica giocano un ruolo primario. Long Year, introdotta dall'armonica dell'autore, è una composizione elettro-acustica di grande impatto: il suono basicalmente acustico viene riempito con l'uso molto particolare dei fiati di Jackson e Hoke (usati alla maniera di Otis Redding, quindi in sottofondo e per nulla invadenti), che danno alla ballata un respiro completamente diverso.
D.B Cooper è un folk rock intenso, dedicato ad un musicista ormai dimenticato, che il nostro canta con passione, con l'anima dei grandi folksingers ed un suono in bilico tra folk e rock, a cui, ancora una volta, danno una mano i fiati discreti di Jackson & Hoke. Ballata dalle tonalità crepuscolari, evidenzia il talento di Todd, uno che non solo non molla mai, ma che ha il coraggio di fare musica di questo genere nel duemila, quando la plastica ha invaso la musica e le canzoni vere stanno diventando sempre più rare.
Lonely Girl è una parabola romantica, lenta e profonda, cantata con voce particolarmente toccante. Keep the Grass ci fa tornare agli anni sessanta, quando il folk rock dominava la musica, quando Dylan era già un dio e brani come questo fioccavano giornalmente. Puro folk rock, da battaglia, cantato con fervore e suonato in modo spartano. All of My Life ci riporta a sonorità scarne e personali. Voce, chitarra ed una leggera base di organo, con l'armonica che sceglie il tempo e la melodia che si sviluppa fluida sulle corde dell'acustica di Todd.
Betty Was Black (and Willie Was White) è un racconto amaro di un amore quasi impossibile: una sorta di folk blues, con una strumentazione brillante cantato con voce forte. Ballad of the Devil's Backbone Tavern richiama certe composizioni di Jim Kweskin, ma con un tocco dixieland ed il sapore della musica del Sud insito profondamente nelle note. C'è anche un pò di Leon Redbone in questa ballata retro. Just in Case, splendida ed amara, ci mostra Todd senza alcuno strumento aggiunto.
Todd completamente solo, voceacustica ed amonica, che ci regala un racconto sapido e profondo, una riflessione di vita amara che lo vede sempre più legato alle sua radici, che vanno da Dylan a Woody Guthrie e passano in rassegna il cantautorato americano degli anni d'oro. What's Wrong With You è il primo brano dichiaratamente rock del disco: un suono elettrico, pressante, che però è legato ancora al passato. Missing You ci riporta verso atmosfere acustiche e più intime.
Si tratta di una canzone d'amore, triste e disillusa, dove il protagonista piange il suo amore che non c'è più. Chiude l'album Back to The Crossroads, in cui una corposa sezione fiati ci da dentro e crea l'alveo giusto per un brano rock venato di gospel, tipicamente sudista, cantato con forza e suonato con vigore.