KEVIN BOWE & THE OKEMAN PROPHETS (Restoration)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Anche Kevin arriva dal ricco serbatoio di Minneapolis. Rocker di vaglia si è fatto le ossa suonando nelle band cittadine per anni e scrivendo conto terzi, per Leo Kottke e Jonny Lang ad esempio. Ha esordito solo qualche mese fa con questo album ruspante, che coniuga al meglio rock e radici. Un suono elettrico, vibrante, ed una voce roca e ben impostata. Il disco è una produzione adulta e si avvale, come ospiti, dei talenti di Jonny Lang, Shannon Curfman, Bruce McCabe e Brian Hanna. La band, The Okemah Prophets, è formata da John Haga, batteria, Marv Gohman, mandolino violino chitarra 12 corde, John Wright, basso, Andy Dee, chitarraseconda voce, lap steel, 6 corde. Bowe, oltre a cantare e comporre i brani, suona anche la chitarra, il banjo e l'armonica.
Il disco si apre con un heartland rock di vaglia Sault Ste Marie: introdotto da un'armonica, prende il via con un chitarrone alla Duane Eddy e si sviluppa come una classica ballata roots. Voce roca, suono pieno ma non invadente, batteria pressante e chitarre che vanno dietro alla voce. Stesso tempo di base per l'elettrica The Horrible Truth About Anne: la voce di Bowe ha un timbro basso e sensuale, il suono è pieno e profondo. Sweeter World rimane ancorata a stilemi classici, è meno elettrica e più evocativa: ma Bowe ha un suono, e la sua voce lo personalizza molto. Canzoni ad ampio respiro, ballate elettriche che richiamano artisti che abbiamo amato in passato.
Bowe è uno che preserva il rock, lo fa a spese sue, con un disco autogestito ma di qualità superiore alla media. Leaving To Stay è lenta e cadenzata, e si avvale della partecipazione di Jonny Lang e Shannon Curfman. Ballata di stampo roots, con implicazioni gospel, è giocata su due voci ed una melodia di fondo molto ben strutturata. Tra le migliori dell'album. Sadly Mistaken è più normale: si tratta di un rock'n'roll piacevole, ma che non porta nulla in più. Meglio la seguente The Heart of Everything: suono pieno, melodia profonda, voce più roca del solito. Lonesome Angel allenta i toni, è meno strumentata ed evidenzia ancora di più la voce del leader.
Little Miss Bain è una rock song di buon valore, che però è nella norma, mentre revocativa Dead Letters da una spinta al disco e ci regala nuove emozioni. Il suono è sempre pieno ed elettrico, la voce decisamente caratteristica, la strumentazione solida. Anche tra le restanti canzoni ci sono brani da segnalare: la lenta Jefferson Davis Parish, la solida Which Way The Wind Blows, introdotta da un classico riff chitarristico (anche questa è tra le migliori della raccolta), la vibrante Living Proof, per concludere con Rest of The World e Goodbye Annabella. C'è anche un intrigante ghost track: il tutto per un'ora circa di sano heartland rock.