DAVID GRAY (White Ladder)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Cantautore irlandese con un chiarissimo talento David Gray non ha ancora ottenuto il riscontro che un personaggio del suo calibro meriterebbe. Una serie di fattori concomitanti (una sua poca propensione a seguire e/o condividere le logiche del business, di conseguenza un paio di cambi d'etichetta poco felici e infine un'attitudine fin troppo coerente a contare solo sulla propria musica) lo hanno portato ad essere rispettato ed ammirato da molti suoi colleghi (per esempio, Mary Black, che ha inciso parecchie sue canzoni), senza però riuscire ad ottenere un livello di conoscenza e di notorietà tale da garantirgli un qualche futuro.
Se questa situazione è ormai una routine, nel suo caso è un vero attentato alla musica perché David Gray ha alle spalle tre album, tutti bellissimi: il folgorante esordio di A Century Ends e i pregevoli Flesh e Sell, Sell, Sell, frutto di un songwriting visionario e di un sound tagliente, aspro e sanguigno. Il problema, per ammissione dello stesso David Gray, è che non ha mai potuto "sopportare nessun tipo di costrizione", figurarsi quelle imposte da un contratto discografico. Per cui, la gestazione di White Ladder ha avuto una storia un po' particolare: è nato nel piccolo studio di registrazione che si è costruito in proprio ed è stato inizialmente pubblicato per l'etichetta di sua invenzione (Iht).
Scelta difficile, ma curiosamente vincente a livello locale, in Manda: uscito nell'autunno 1998, White Ladder ha venduto più di tutti gli altri tre album messi insieme (oltre centomila copie) e David Gray ha avuto il suo momento di gloria anche nel cinema, con una canzone nella colonna sonora e con una parte in This Year Love.
Un po' di fortuna non guasta anche perché in fondo White Ladder non propone grandi cambiamenti: l'inserimento dell'elettronica (tra l'altro usata con discrezione e parsimonia) è una piccola novità, così come i toni meno duri nelle canzoni e le ballate più vellutate del solito, ma la sostanza è la stessa dei dischi precedenti. Ad essere onesti White Ladder è complessivamente un filo meno attraente, ma su questo giudizio non pesano né i cambiamenti né il patrio successo, del tutto meritato e auspicabile anche su scala internazionale.
È solo che A Century Ends, Flesh e Sell Sell, Sell suonano forse più vibranti ed immediati, magari anche più elettrici. Comunque sia le differenze sono davvero minime e White Ladder resta un ottimo album, degno di David Gray, un songwriter da scoprire e da custodire con cura.