DAVE ALVIN (Public Domain)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Con questo album Dave ha chiuso il cerchio ed ha terminato la sua personale trilogia dedicata alla musica americana, iniziata con King of California e proseguita con l'eccellente Blackjack David. Dave è sempre stato affascinato dalle origini della musica, ed ha approfondito il discorso andando a fondo nelle radici: se King of California e Blackjack David avevano scandagliato il primo la musica contemporanea, il secondo la tradizione dei cantori come Woody Guthrie, questo album torna ancora più indietro. È fuor di dubbio che la frequentazione di un personaggio come Ramblin' Jack Elliott, uno che ha vissuto in prima persona i tempi pioneristici della canzone tradizionale, ha influenzato non poco la decisione di Dave di fare questo disco.
L'album contiene una personale rilettura di brani molto antichi, non per nulla il disco è intitolato Public Domain, Dominio Pubblico, cioè canzoni che sono nella tradizione ed i cui autori sono persi nella sabbie del tempo: non appartengono a nessuno, sono un patrimonio di tutti. Sono canzoni di dominio pubblico, che non si possono fare risalire a nessuno ma che sono alla base della cultura di ognuno di noi: canzoni che hanno cento anni di vita, ed anche di più, che venivano cantate dai pionieri fin dal 1800, quando la corsa all'Ovest, alla conquista di territori vergini, aveva dato il via alla nascita del grande continente americano. Alvin ripercorre con amore un disco che gli stava a cuore da molto tempo e lo fa in maniera determinata, scegliendo i suoni da mettere dietro a queste canzoni, che hanno origini decisamente diverse: canzoni perse nelle nebbie del tempo che parlano di disastri ferroviari, omicidi, vendette, sopravvivenza, speranza, inseguimenti, gelosie, lande disabitate, amori senza speranza, giovani cuori, persone sole.
Da quando i fratelli Alvin si sono separati, Dave è cresciuto enormemente, sia come autore che come performer, e questo disco ne è la dimostrazione ulteriore. Le vecchie canzoni folk sono degli spiriti racconta lo stesso autore nelle note del disco, vivono attorno a noi, sono dentro di noi. Supportato da musicisti del suo entourage, senza ospiti eclatanti, Alvin costruisce l'ennesimo tassello di una fulgida carriera solista. Sono con lui Rick Shea, Bobby Lloyd Hicks, Joe Terry, Gregory Boaz, Brantley Kearns, John "Juke" Logan, Greg Leisz e David jackson. Le canzoni di Pubblico Dominio sono state arrangiate dal protagonista, seguendo il suo gusto musicale e la sua visione globale della musica, quindi non in senso strettamente folk, ma ampliando gli orizzonti a trecentosessanta gradi.
Guardando i titoli dei brani si vede scorrere un secolo di musica attraverso i nomi degli interpreti orginali e non delle canzoni: Woody Guthrie, Doc Watson, Tommy Johnston, Carter Family, Paul Robeson, Rose Maddox, Johnny Cash, Bob Dylan, Gus Cannon, Flatt & Scruggs, New Lost City Ramblers, Lonnie Donegan, Tex Ritter, Blind Willie McTell, Henry Johnson.
Il disco si apre con una rilettura molto personale della famosissima Shenandoah. La nota ballata dell'epoca secessionista viene rifatta con una versione lenta, quasi bluesata, in cui la melodia possente scorre fluida, quasi fosse un fiume che porta la sua acqua a valle. Versione possente, in cui country & blues ma anche rock vengono fusi con rara maestria. Dave la rifa in modo diametralmente opposto rispetto a quelle che già conosciamo di Bob Dylan, Van Morrison, Harry Belafonte e, casomai, si avvicina (vocalmente) a quella del nero Paul Robeson. Maggie Campbell è un vecchio country-blues reso noto da Tommy Johnston. Dave gli da ritmo ed un feeling rock'n'roll che la canzone originariamente non aveva: lo slap bass, la chitarra e la ritmica sono accese e la versione si tinge di rockabilly.
Una rilettura curiosa. A Short Lite of Trouble che mi ricordo molto vagamente nell'interpretazione di Sister Rose Maddox & the Maddox Brothers, è suonata con il piglio folk che ha reso grande Blackjack David. Strumenti a corda supportano la voce calda del leader, mentre la canzone si snoda attraverso una tema country folk che stempera la sua origine montanara e la riporta ai nostri giorni come una moderna folk song. Stupenda è la poco conosciuta What Did The Deep Sea Say, un'antica ballata marinara, tramandata da Woody Guthrie. C'è l'anima di Woody in questa interpretazione elettrica e vibrante che, malgrado la struttura rock 'n country, mantiene appieno la sua origine folk..
Il brillante violino di Brantley Kearns e la forza della sezione ritmica danno un tono spigliato al brano, che lascia fuoriuscire una melodia antica e piena di fascino. Molto bello anche l'assolo centrale di piano, in perfetto stile western, di Joe Terry. Engine 143 non è una canzone molto nota: Johnny Cash e la Carter Family la hanno incisa in passato e Dave, con Brantley Kearns alla doppia voce, la reinterpreta in pieno rispetto dell'originale, catturando l'atmosfera antica ed accentuandone la struttura melodica. Delia è una splendida ballata acustica, tramandata negli anni attraverso varie interpretazioni tra cui ricordo quella stupenda di David Bromberg, ma anche Bob Dylan, The Easy Riders, Johnny Cash, Buri Ives.
Il nostro si inventa una toccante versione elettroacustica, più veloce rispetto a quella di Bromberg, ma che non perde di un filo il suo pathos originario né l'adamantina bellezza della melodia. L'origine di Dark Eyes è molto antica (era anche nel repertorio di Slim Galliard) ma Dave la rivolta da capo a piedi e la fa diventare una country song con influenze folk'n'grass. Un brano dal ritmo incalzante, con il violino di Kearns sugli scudi.
Walk Right In è abbastanza nota e la sua origine risale, penso, agli anni trenta, quando Gus Cannon's Jug Stompers erano soliti suonarla agli angoli delle strade. Alvin ha preso il suono blues jazz dell'originale, ci ha mischiato un pò di vaudeville (la versione dei Rooftop Singers) ed ha messo a punto un blues venato di country in cui gioca un ruolo primario l'armonica di John "Juke" Logan. Tra i capolavori del disco c'è sicuramente la triste Murder of the Lawson Family, racconto di un omicidio plurimo, come si usava ai tempi in cui le canzoni erano una sorta di giornale che viaggiava di bocca in bocca. La folk songs, tramandata da Doc & Merle Watson e da Frank Proffitt (con il titolo di Lawson Family Murder) ha una melodia struggente, che riesce a catturare la tristezza della storia.
L'esecuzione da Dave & friends è da manuale. Don't Let Your Deal Go Down è un classico del bluegrass: la hanno intrepretata, tra gli altri, Flatt & Scruggs, Bill Keith, New Lost City Ramblers, Bob Wills e Mac Wiseman. Il nostro la rivolta come un calzino e la muta in un rock'n'roll Blasters-Style con piano verticale, ritmo forsennato e tanto feeling. Railroad Bill la abbiamo sentita di recente rifatta da Lonnie Donegan, ma anche Joan Baez e Jack Elliott l'avevano nel loro repertorio. La versione di Alvin è un pulsante e swingato rock'n'country, dal ritmo anni cinquanta, con il feeeling folk che deborda ad ogni nota: c'è un bel contrasto tra la musica, fluida e piena di swing, e la voce del protagonista.
Di Texas Rangers, una folk song dell'ottocento, non conosco che la versione di Tex Ritter: anche in questo caso Dave toglie scampoli country per portare la sua rilettura verso sonorità intime, personali, con elementi folk inseriti nella canzone ed un senso di disperata solitudine che la versione di Ritter non aveva. Non poteva mancare il country blues di Blind Willie McTell: Mama, Ain't Long for a Day è interpretata tenendo conto della versione originaria. Il country blues, elettrificato, gioca le sue carte sulla voce bassa di Dave e su una strumentazione di prim'ordine, con la slide di Leisz in bella evidenza. East Virginia Blues Dave l'ha conosciuta tramite Ramblin Jack.
L'antica canzone, che viene dal repertorio della Carter Family (la hanno fatta anche Paul Clayton, Bill Clifton, The Country Gentlmen e lo stesso Elliott) diventa l'occasione per inventarsi un rock and roll anni cinquanta, in puro stile Elvis Presley. Voci fifthies alle spalle, un bel piano rock'n'roll, una ritmica degna dei primi Blasters: il tutto per un brano godibilissimo che unisce due culture in un sol colpo. Per terminare il disco Dave sceglie un altro blues: Sign of Judgment arriva da repertorio di Henry Johnson ed il nostro la rifa con consumata bravura, lasciando scorrere le dita sulla chitarra. Chiude il disco un medley nascosto con due brani tradizionali eseguiti per sola chitarra: Saturday Night Rub di Big Bill Broonzy e Hokum Stomp di Georgia Tom (conosciuto anche come Rev. Thomas A Dorsey). Dave Alvin ci ha regalato un altro grande disco dove cultura ed amore per la musica vanno di pari passo: sono dischi come questo che ci permettono di credere in quello che facciamo.