CORY MORROW (Double exposure - Live)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Terzo disco per l'interessantissima band texana Cory Morrow, che prende il nome dal suo leader nonché songwriter e voce solista, che ha debuttato nel '97 con The Cory Morrow Band, confermandosi l'anno successivo con The man that I've been. È un sestetto pimpante e vivace - oltre alle chitarre solista, ritmica e basso e alla batteria tiene in organico violino e steel guitar - che rappresenta la faccia migliore, più pulita e più vera del country attuale, che affonda le sue radici nella più viva tradizione texana. Cory Morrow ha davvero una bella voce intrigante e che incuriosisce, che ha qualcosa di quella di Steve Earle, ricorda talvolta quella di Robert Earl Keen e fa pensare anche un po' a quella di Tom Russell.
Appoggiato alla grande da un ensemble che accetta di sostenerlo e di accompagnarlo senza pensare mai a sottraigli la scena, vince e convince abbastanza facilmente. Cory Morrow Live, prodotto come il precedente dall'onnipresente Lloyd Maines, è così un disco davvero piacevole e gustoso che si fa ascoltare con grande attenzione per la maturità, la sicurezza e la consapevolezza che manifesta. È diviso in due parti, una acustica con otto brani e l'altra elettrica con dieci, anche se, per la verità, il confine tra le due non è poi così netto nel senso che c'è molto di elettrico in quella acustica. Pur essendo registrato dal vivo e accogliendo perciò i brani più rappresentativi del repertorio della band, offre in prevalenza delle novità, oltre naturalmente a qualche cover.
Le proposte che appaiono per la prima volta su disco appaiono tutte convincenti, senza eccezioni di sorta, di esse si può tuttavia sottolineare in particolare, tra quelle acustiche, la brillantezza di Just along for a Ride, una palpitante murder ballad dalla bella melodia chitarristica, che piace molto al pubblico, Shame on me, un country piuttosto sostenuto ed efficace che può contare su di un invitante assolo di steel guitar & fiddle, A Better Man, altra squisita, folkeggiante love ballad, fluida e ritmata, con efficaci assolo di chitarra e violino, Ride Away, testo scorrevole e spigliato, sostenuto da un ritmo che non si concede soste e con un finale strumentale sprintato. Relativamente a quelle elettriche si fanno notare Wrapped up in your love, travolgente country rock con cadenze honky tonk dal superlativo ritornello e She don't know where she's going, intensa Bakersfield hard core country con notevole break di electric guitar, ospite Owen Temple. Cory Morrow riprende brani sia dal primo album, la love ballad Angela e il disinvolto country Running Around on me che si diverte a cambiare tempo, sia dal secondo, lo strepitoso Nashville Blues, che è un piacere ascoltare per la sostanza e il peso che manifesta, bene anche le chitarre nell'occasione e la title track di quest'ultimo The man that I've been, dove la band da fuoco alle polveri, esponendo tutta la grinta e la forza scenica che possiede.
Tra le covers un'edizione acustica della bella ballata di Robert Earl Keen I'll go on downtown che è da considerarsi un omaggio al suo bravissimo autore, una convintissima revisione del rockin' country di Billy Joe Shaver Georgia on the fast train, resa velocissima e con uno smagliante arrangiamento elettrico e una lunghissima interpretazione para psichedelica del testo rock di Hard in & Petty Not fade Away.