RYAN ADAMS (Heartbreaker)
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  Recensione del  31/01/2004
    

"Fermati un secondo/Pensaci ancora/ Guarda che cosa potresti perdere" (Losering da Strangers's Almanac) forse Hearbreaker, album solista di Ryan Adams leader e frontman dei Whiskeytown, è proprio l'attuazione di questi pensieri in musica. I Whiskeytown hanno avuto un'ascesa tanto repentina quanto tribolata: nello spazio di soli due album, un Ep ed una manciata di singoli e partecipazioni a compilazioni e colonne sonore (la più importante è il brano Theme for a trucker inserito nello score di The end of violence di Wim Wenders), hanno conquistato soprattutto con lo splendido Stranger's almanac, tutti i cultori del genere Americana, chi ama il country un po' ruspante e senza troppi lustrini, ma anche i giovani attenti al movimento alternativo.
La storia di questo gruppo è sempre stata minata da continui cambi di formazione, dovuti evidentemente al caratterino del leader ed infine sembra essersi per il momento arenata con un album già pronto ed in procinto di uscire, quando il colosso Universal inaugura una join-venture con la Polygram, conglobando la Geffen e tagliando i fondi alla sussidiaria Outpost Records, che si vede costretta al fallimento, spedendo nel limbo la pubblicazione di Go bye bye music, probabile titolo del nuovo album dei Whiskeytown, la cui uscita sembra ora prevista per il 2001 con il titolo di Pneumonia.
Ma il giovane Ryan non si arrende alle crudeli leggi del music business e con la indipendente Bloodshot Records di Chicago, edita il proprio esordio solista, un album personale e piuttosto distante dalla produzione del gruppo, ma dalle cui composizioni traspare comunque un'indiscusso talento. Ryan è un personaggio strano, "uno sciroccato", un eccentrico tiratardi pieno di stravizi, o forse è semplicemente un vero artista, un istrione con una spiccata personalità, che gli consente di condensare sentimenti e sensazioni nelle strofe di canzoni, che riesce a comporre con estrema naturalezza, trasmettendo vibranti emozioni.
L'idea di Heartbreaker nasce a New York dove Ryan si è trasferito per amore di una fanciulla e dove comincia a comporre e ad esibirsi in solitudine. Heartbreaker è uno sfogo catartico, una parentesi di riflessione o un semplice divertimento, ma l'album è comunque profondo e qui e là trapelano raggi di vera luce, sprazzi di poesia.
Leader carismatico e cantante espressivo, Ryan Adams ha sicuramente qualcosa da dire e lo fa con una raccolta di composizioni di pacata bellezza in bilico tra country, folk e cantautorato moderno: a volte sono flebili bagliori emozionali dai contorni tenui e rarefatti, che diventano livide immagini malinconiche, notturne ed interiori, altre sono storie di vita che colpiscono in modo diretto e spregiudicato. Con Ethan Jones basso e batteria, David Rawlings alle chitarre acustica ed elettrica, Gillian Welch banjo, chitarra e voce, Pat Sansone al piano, Ryan voce, chitarra ed armonica, assembla di getto in un paio di settimane a Nashville, un album semplice e spontaneo, incentrato sulla voce, che spesso è specchio del proprio tormento interiore, e su un accompagnamento a volte minimale e volutamente a bassa fedeltà.
Come se assecondassero gli sbalzi di umore, che attraversano il contraddittorio carattere di questo giovane creativo, le composizioni di Heartbreaker si spostano dal country rock grintoso e ruvido di To be young (is to be sad, is to be high), attraversando sprazzi di lucida follia come Bartering lines, che ha le sembianze di un ruvido traditional, un elegiaco canto popolare in bilico tra folk e blues, con tamburi e banjo dietro alla voce, o il selvaggio punkabilly di Shakedown on 9th Street, con chitarre alla stricnina e Gillian Welch alla seconda voce, un brano che si beve tutto in un fiato come una birra fresca, per concludere con episodi più intimi ed atmosferici da centellinare come un cognac d'annata, come l'acustica My winding heel, solo voce chitarra ed organo, la distesa Amy una ballata in bilico tra folk e pop con un sottofondo d'archi dietro alla voce ed alla chitarra, o scarni ed essenziali folk come Don't ask for water e In my time of need.
Un discorso a parte merita Oh my sweet Carolina, un piccolo capolavoro, una splendida ballata elettroacustica, un'istantanea on the road dalla ritmica lenta, in cui i pochi tocchi di chitarra acuiscono i toni malinconici della voce di Ryan, fino al momento in cui la melodia si schiude come un raro fiore notturno con l'entrata del piano, mentre il duetto con la voce sottile di Emmylou Harris, ricorda le struggenti ballate di Gram Parsons.
Sul versante elettrico Come pick me up è dylaniana, l'armonica si alterna al canto, morbidi interludi tra chitarra e piano, la ritmica vitale ed il duetto con Kim Rickey costruiscono un'altra grande ballata, Why do they leave ha una ritmica rallentata con un ottimo gioco di armonica sempre molto dylaniana, hammond organ e chitarra ed un nuovo duetto con Allison Pierce; tra gli episodi acustici l'armonica è protagonista di To be the one, intimista e minimale per sola voce e chitarra, Call me on your wa back home, in cui una distante eco d'archi dietro alla chitarra ed al canto, sottolinea i toni malinconici d questo brano, che si conclude con un finale in levare e uno splendido solo d'armonica. Con Heartbreaker Adams si conferma la vera mente dei Whiskeytown, una penna acuta, un cantautore davvero sensibile e geniale.