PAT GREEN (Live at Billy Bob's Texas)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Nuovo album per il ventottenne rampante singer songwriter texano nativo di San Antonio Pat Green, che abbiamo conosciuto due anni fa in occasione della pubblicazione per la sua etichetta personale di Here we go, un ottimo disco dal vivo che aveva colpito per la sua freschezza e consistenza - seguito di due precedenti prove rispettivamente del '95, Dancehall dreamer e del '97 George's bar - e rivisto la scorsa primavera quando è uscito Carry on, altra prestazione che ne ha confermato il talento e l'ispirazione. Questa è ancora una prova on stage che conferma il suo talento di autore e di cantante e la sua particolare, straordinaria vocazione a rapportarsi, a dialogare col pubblico, che riesce sempre a conquistare e a trascinare con grande facilità. Pat è un autentico "troubadour", un fedele interprete della nuova tradizione country texana.
È stato giustamente avvicinato a Jerry Jeff Walker e a Willie Nelson, di cui ha ripreso in parte lo spirito, il feeling, il gusto, ma la sua musica, per temperamento e carattere, è molto vicina anche a personaggi del calibro di Joe Ely e di Robert Earl Keen, del quale ultimo è anche un'accanitissimo fan. Per età e riferimento generazionale ricorda anche Cory Morrow, un altro giovane di cui abbiamo appena recensito un bel disco pure dal vivo. Live at Billy Bob Texas ha moltissimi punti in comune col precedente Here we go, che era stato registrato parte in un college e parte nella leggendaria Gruene Hall di Houston.
È realizzato infatti con una band che per quattro sesti è la stessa - c'è un mandolinista, Jon Dan McBride, che praticamente prende il posto dello steel guitarist mentre manca il guru Lloyd Maines, avrà sicuramente avuto altri impegni, ma sono gli stessi sia il fiddler, sia il bassista, sia il solista elettrico, sia il batterista - e ripresenta molti brani identici, ben dieci, seppur stavolta in numero maggiore (sono quindici contro tredici). Si può tuttavia sostenere che questa nuova prova discografica sia complessivamente più interessante, un pizzico più convincente, più solida, in una parola, migliore. Anche stavolta i brani sono tutti originali, meno due, gli stessi già apparsi nel precedente live, ovverosia Me and Billy the kid, un'aspra e ruvida versione del famoso brano di Joe Ely che offre un intermezzo bluegrassato di violino e Song about Texas, un gran bel pezzo di Walt Wilkins dall'apertura acustica, che va in continuo crescendo e manda in delirio il pubblico.
Ci sono naturalmente tutti i brani più conosciuti di Pat, da Dancehall Dreamer, tipica malinconica Texas ballad, dallo splendido refrain e un'accogliente apertura acustica a George's bar, un'altra travolgente ballata dello stesso genere che ricorda in qualcosa lo stile di Robert Earl Keen, vera e propria palestra per le esercitazioni strumentali del gruppo, dedicata ad un locale di Waco assai caro a Green. Da Southbound 35, gran pezzo di brillante southern rock che non fallisce il coinvolgimento del pubblico, a Here we go, un brano magnificamente cantato da Pat che sembra ispirarsi a Jerry Jeff ed essere supportato dalla sua Lost Gonzo Band. Da Nightmare, un bel tributo alle leggende musicali del Texas cadute nel tempo Stevie Ray Vaughan e Townes Van Zand, di cui Pat afferma di esser fiero a 2, Texas country rock del bel sound, davvero trascinante sotto il profilo strumentale, con un ottimo lavoro del fiddle nell'occasione.
Da Down to the river, un altro country veloce e tirato, un filo cajum a giudicare almeno dagli interventi del violino, a If I had a million, splendida love song, leggera e delicata, col fiddle ancora sugli scudi e un superlativo intervento del mandolino. Poi ci sono Take me out to the dancehall, una brillante canzone d'amore con squisito assolo di fiddle e chitarra elettrica, Going away, sciolto country rock dall'invitante ritornello, Just fire, smagliante brano assai ritmato, può contare su di un notevole sostegno infatti della batteria, che piace dalla prima all'ultima nota, The bottle, una grintosa e coinvolgente honky tonk song, I-900 lover, un trascinante rock & roll, potente e sostenuto, che lascia grande spazio ai breaks strumentali.