CHRIS MILLS (Kiss It Goodbye)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Chris Mills è un cantautore di Chicago, già al terzo disco, che scrive musica di grande qualità. Già nei due lavori precedenti, cioè Nobody's Favourite ('97) ed Every Night Fight For Your Life ('98), Mills aveva dimostrato notevole maturità, malgrado la giovane età (ha solo 25 anni). Ma con questo album fa il salto definitivo. Il disco è prodotto in due sessioni diverse da Bryan Deck e dall'onnipresente Jon Langford, ma ha una unità di intenti notevole, tanto che non ci si accorge che la produzione è passata attraverso mani differenti.
Nel disco suonano musicisti poco conosciuti fuori dai circuiti roots ed alternativi: Kelly Hogan, Deanna Varagona (Lambchop), Nora O' Connor, Karl McGlinnen (Dishes), Ryan Hembrey (Pinetop Seven), Fred Longberg-Holm. Ma uno dei fattori principali per cui il disco risulta particolarmente riuscito sta proprio, oltre che nelle composizioni dell'autore, nel suono ad ampio raggio che i vari musicisti hanno saputo fornire: un suono caldo e coinvolgente, tra rock e radici, mai troppo rock, ma neppure troppo roots, un suono che abbraccia la musica Americana in generale e che rende le composizioni di Mills più adulte, tanto da metterlo sullo stesso piano (non come stile, ma come intensità di scrittura) a suoi contemporanei quali Joe Henry, James McMurty, Jay Farrar.
Quaranta minuti di musica a grande livello, con dieci canzoni, una meglio dell'altra, che si fissano nella mente e non ne escono più. Infatti Mills riesce a scrivere canzoni che hanno una forte ironia di fondo, un acre senso critico, uno humor scuro quasi funereo e le rende estremamente gradevoli dal lato musicale attraverso una scrittura che sta a metà tra antico e moderno, come se mettessimo a confronto la musica di Merle Haggard con quella di Elvis Costello. Ma il nostro ha anche un grande senso della melodia, dell'architettura sonora, come dimostrano Lips Are Like Poison, dal ritornello che cattura all'istante, o la calda e ritmata Fall, senza dimenticare Napkin in A Wine Glass, ballata country di grande fascino, ma suonato come un brano di Joe Henry.
Dieci canzoni, dieci brani di grande qualità, che rendono questo disco decisamente bello e sorprendente. Mills aveva delle qualità, abbiamo parlato bene dei primi due dischi, ma questo terzo album dovrebbe scuotere sia gli indecisi che quelli che lo hanno sottovalutato. Brand New Day è puro rock e richiama pagine classiche come Nick Lowe e Dave Edmunds dei bei giorni; Watch Chain affonda la melodia in un romaticismo molto acido; ma la melodia è al di sopra delle parti; Crooked Vein è semplice ma piena di idee; All You Ever Do è decisamente anni sessanta, per ritmo, melodia e ritornello accattivante. Non c'è un brano sottotono ed il disco si ascolta e si riascolta con immenso piacere.