JOHN PRINE (Souvenirs)
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  Recensione del  31/01/2004
    

John Prine è un cantautore, acclamato dalla critica ed amato da un folto pubblico, che è passato dal folk acustico al country, dal rock alla ballata soft, mantenendo sempre intatta la sua visuale approfondita della classe bianca proletaria Americana. Ha imparato a suonare la chitarra dal padre ed ha iniziato, sin da giovane, a suonare nei circuiti folk di Chicago.
Di giorno lavorava come postino e di sera si esibiva nei caffè. È stato notato da Paul Anka e Kris Kristofferson e, assieme al suo amico Steve Goodman, ha trovato un contratto discografico. Il suo primo album, John Prine ('71), rimane uno dei suoi capolavori, grazie a canzoni quali Sam Stane, illegal Smile, Hello in There, Paradise, Donald & Lydia. Ma la sua carriera era solo all'inizio e John, via via, ha seminato altre grandi canzoni, ed altri dischi importanti, quali Diamonds in The Rough ('72), Sweet Revenge ('73), Bruised Orange ('79), The Missing Years ('93), Lost Dogs & Missed Blessings ('95).
Ed in questi dischi ci sono molte canzoni da ricordare. Piine rimane uno degli autori più importanti della parte finale del secolo appena trascorso: la sua visione personale della provincia Americana, i suoi quadretti agrodolci, i suoi ritratti di persone qualunque, le sue storie piene di amarezza, ma fondamentalmente semplici e dirette, sono il marchio di fabbrica del suo stile. A questo si aggiunge una voce molto dylaniana ed una vena melodica, sempre in bilico tra country folk e rock che lui ha saputo personalizzare in modo insindacabile.
Souvenirs è un disco nuovo di zecca in cui John reinterpreta, in maniera diversa, alcuni dei brani che hanno segnato la sua ormai trentennale carriera. Ed il disco è un piacere, un puro piacere. John è accompagnato dai fidi Phil Parlapiano, piano e fisarmonica, Jason Wilber, chitarra e mandolino, Dave Jacques, basso, Paul Griffith, batteria, a cui sono aggiunti Shawn Camp, Stu Basore e Pat McLaughlin. La produzione è dello stesso Piine assieme all'amico e collaboratore di lunga data Jim Rooney. Questo disco era stato preparato solo per il mercato europeo, ma poi è venuto talmente bene che quelli della Oh Boy, l'etichetta di John, hanno deciso di pubblicarlo anche in America.
Un puro piacere dicevo in quanto canzoni note, molto note, vengono rilette con una particolare raffinatezza, con un velo di accentuata amarezza che ne definisce ulteriormente i contorni. Ballate superbe, dal tessuto melodico profondo, in cui Prine giganteggia a livello vocale. Non è acerbo come agli inizi, la sua voce ha acquisito in pastosità ed in espressione, mentre la strumentazione, ricca ma compassata, serve alla perfezione come cornice alle canzoni. Small Town, Bright Lights, Saturday Night.... Così inizia Donald & Lydia triste racconto di due persone emarginate, in una piccola città di provincia: le liriche si fondono con il suono country folk della melodia, riletta con una steel fluida dietro alla voce dylaniana di John. Souvenirs è uno dei marchi di fabbrica di John: canzone dal timbro melodico molto noto, ha delle liriche nostalgiche (All The Snow Has Turned To Water, Christmas Days Have Come and Gone....), che vengono ingigantite dall'accompagnamento fluido di Parlapiano e soci.
Fish & Whistle mi aveva colpito moltissimo al tempo della sua uscita (era la fine dei settanta) e rimane una delle canzoni filastrocca più note di John: ora è riveduta con un suono più corposo, con la fisarmonica di Parlapiano che doppia la voce, mentre la melodia si staglia splendida. Angel From Montgomery è un altro classico: questa nuova versione la rilegge da capo a piedi. L'arrangiamento è più lento, meditato, pensato, con largo uso di chitarre e mandolino, mentre la voce racconta la storia magica di una donna decisamente comune: una piccola poesia, fine ed interiore, che visualizza alla perfezione lo stile di John.
Molti anni fa ho ascoltato Christmas in Prison proprio il giorno di Natale ed ho pensato, e lo penso ancora, che quella era una canzone perfetta per ricordare la festività. Ora, con un arrangiamento più country, la melodia pervade la stanza e si insinua ancora in profondo, con la steel e la fisarmonica che la avvolgono quasi completamente. Storm Windows appartiene al periodo più elettrico di John: questa rilettura invece leva le chitarre elettriche e le da un tono più cantautorale che le si addice decisamente. Grandpa Was a Carpenter è una di quelle che preferisco del suo periodo iniziale: un brano dall'aria country, veloce e spigliato, che John rilegge con un feeling bluegrass ed il bel violino di Camp dietro le spalle.
Non so quanti di voi si ricordino di John Garfield, attore amerrea no morto troppo giovane, grande attore impegnato in ruoli drammatici e disperati: John dipinge la sua figura triste e i film che lo hanno rappresentato con un brano suggestivo. John, in una intervista di molto anni fa, mi ha detto: "Volevo scrivere una canzone che dipingesse come la settimana si sposta dalla domenica sera al lunedì mattina, un periodo della vita sempre molto triste e la stavo intitolando The Late Sunday, Early Monday Morning Blues, poi ho deciso di prendere come pietra di paragone il film che davano di solito alla televisione la domenica sera, molto tardi.
E quella sera c'era un film di John Garfield....?
". Sam Stone, scritta all'inizio dei settanta, parla di un reduce del Vietnam: ma non è una canzone celebrativa, né un'ode alla giusta causa, bensì un'amara riflessione sulla vita e sulla inutilità della Guerra. Canzone splendida, dal tessuto amaro, viene riletta con una versione scarna, pochi strumenti e la voce, e fa ancora un figurone. Please Don't Bury Me mischia la tradizione country e quella gospel e Prine scava a fondo nella tradizione: una canzone come questa farebbe felice Johnny Cash.
Hello in There è un'altra composizione manifesto del nostro: probabilmente la ha suonata in ogni suo concerto. Ballata amara, riflessione profonda sulla vita, è dedicata alla gente anziana e rispecchia con la sua melodia nostalgica il desiderio eli rivivere il tempo che fu e la malinconia del presente. Non ho citato, forse a torto, People Puttin' People Down, con un grande Parlapiano, Six O' Clock News, Blue Umbrella e Far From Me.
Sarà per la prossima volta.