DRIVE-BY TRUCKERS (Alabama ass whuppin)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Dopo due dischi di studio che hanno ottenuto buone critiche (Gangstabilly e Pizza deliverance dell'anno scorso), i Drive-By Truckers, band di Athens, Geòrgia, tentano la carta del disco dal vivo, anche se disponibile per un'etichetta che lavora via Internet. Il quartetto (Patterson Hood è il leader, Mike Cooley l'ottima chitarra solista, Rob Malone e Brad Morgan), ha quindi interrotto momentaneamente le sessions del terzo album Betamax Guillotine per pubblicare questo Alabama ass whuppin che, a dispetto del titolo, è stato registrato in Geòrgia, loro stato d'origine. I DBT hanno un buon seguito di pubblico, le loro esibizioni infuocate si sono create una discreta fama che ha travalicato i confini della Georgia e, nel corso della loro breve carriera, hanno diviso il palco con nomi a noi ben noti come Slobberbone, Hank Williams III, BR5-49 e Dick Dale.
In effetti vi è una bella differenza tra i Truckers di studio e quelli live: nei due dischi precedenti il loro rock di matrice southern era fuso con elementi country, twang e roots, mentre on stage sono autori di una musica puramente rock, molto potente, con le chitarre grandi protagoniste e la sezione ritmica modello stantuffo (la formazione è più classica che mai: due chitarre, basso e batteria), con canzoni dilatate rispetto alle versioni di studio quasi a mo' di jam session. Vera musica rock dunque, da suonare a volume alto, dove i lunghi assoli ed i riffs macinatutto si rincorrono. Un disco tutto da godere quindi? Fino ad un certo punto. Il problema dei DBT è che, pur essendo ottimi strumentisti, non sono particolarmente originali: scrivono canzoni non eccezionali, talvolta sono ripetitivi, in molti brani la melodia fatica ad uscire.
Inoltre Hood ha una voce che spesso mostra la corda: molto roca, sicuramente limitata, talvolta fatica a raggiungere le note più alte. Mi dispiace, ma è giusto dire le cose come stanno anche se i ragazzi sanno suonare molto bene: a volte sarebbe meglio avere qualche lacuna dal punto di vista tecnico ma trovare le canzoni. Why Henry drinks è una rock song lenta e possente (l'intro è micidiale), con chitarre younghiane e voce roca ed aggressiva. Lookout mountain è la prima cavalcata del disco: la canzone è un pretesto per far ruggire le chitarre e rilasciare un paio di strepitosi assoli. The living Bubba è meno jammata e più cantata, il ritmo è sempre acceso ma, pur rimanendo nel rock, si intravedono le radici country del gruppo, anche se la voce di Hood comincia ad essere tirata al limite.
La breve Too much sex (too little Jesus) è eseguita con una foga inaudita, e si fonde con Don't be in love around me, ancora più veloce e potente, con la band che fila come un treno. Fin qui tutto bene. 18 wheels of love è più tranquilla, con Hood che più che cantare parla, narrando una storia su un accompagnamento trattenuto, anche se il risultato finale è un po' noioso. Il disco comincia a calare: i DTB sono bravi con gli strumenti ma non hanno una grande fantasia, finché si tratta di far parlare le chitarre tutto ok, ma quando è il momento di tirare fuori le canzoni non tutto va per il verso giusto, e la voce di Hood talvolta assume tonalità sgraziate.
The avon lady è sulla falsariga del brano precedente: Hood parla su una base ancora più soffusa, e l'esito è ancora più soporifero. Con Margo and Harold i Truckers provano qualcosa di diverso: l'accompagnamento di base è quasi jazzato, ed il risultato non è malvagio, ma ci voleva un altro vocalist. Buttholeville è uno dei brani migliori: attacco durissimo, voce abbastanza in palla, gran ritmo e magnifici assoli che si susseguono senza tregua; Steve McQueen e People who died sono quasi punk-rock, troppo dure e senza una linea melodica precisa. La lenta e conclusiva Love like this è la più completa dal punto di vista dello script, con una melodia finalmente riconoscibile e ben costruita. Un disco con alti e bassi, che alterna momenti di grande furore strumentale ad altri di stasi compositiva.