Anni fa, quando abbiamo scoperto Joe, tramite il suo album
Mirrors, Shoestrings & Credit Cards, ci siamo trovati di fronte ad un clone di Springsteen. Quel disco era comunque ben costruito e Joe si è conquistato parecchi fans nella nostra penisola. Poi è venuto a suonare e, disgraziatamente, lo ha fatto in veste acustica. Lui è un rocker e doveva venire con una band: il fatto di venire da solo la ha danneggiato, e non poco. Poi il disco seguente,
Glow, si è rivelato piuttosto deludente e D'Urso ha perso parte di quel pubblico che si era conquistato con fatica. Ora, a due anni di distanza da Glow, esce il suo nuovo lavoro (è uscito alla fine dell'estate), e prima di recensirlo lo ho ascoltato con molta attenzione. Joe rimane un clone del Boss, su questo non ci piove, ma questo disco ha feeling, cuore, anima ed una grande voglia di rock. Insomma ha una carica notevole e lo si ascolta tutto d'un fiato.
Poi la costruzione del disco stesso è intrigante. Infatti Joe lo ha concepito come se fosse una trasmissione radio, con tanto di noise radiofonici tra un brano e l'altro ed ha scritto una manciata di canzoni di valore, che rendono il lavoro decisamente superiore al resto della sua produzione. Insomma questo è il disco migliore del rocker newyorkese, quindi mi è sembrato ingiusto lasciarlo in un angolo e non parlarne, joe ha voluto rivivere la sua giovinezza di ascoltatore, quando i DJ newyorkesi passavano canzoni rock alla radio, quando l'ascolto diventava essenziale per capire quello che stava succedendo sul mercato discografico.
Ed il disco risulta decisamente coinvolgente. 13 canzoni, un'ora di musica, noise comprese. Apre la potente
Rock in the Sun, un brano diretto ed incisivo, springsteeniano sì, ma non più di tanto. Una ballata elettrica aperta e sciolta, che lascia andare la voce, mentre la band lo segue a ruota. Puro rock, american rock, musica da strada, libera da vincoli, che si ascolta tutta d'un fiato.
Betterland è una ballata classica, con la fisarmonica in evidenza (
Charlie Giordano), ed una bella melodia di fondo, sempre legata agli stilemi del Boss, ma che sa svincolarsi grazie alla bella propensione vocale di joe ed alla strumentazione corposa e fluida al tempo stesso.
Powderfinger è proprio quella di
Neil Young e la versione di D'Urso è di rara potenza. Chitarristica e vibrante, cantata con voce arrocchita, viene resa al meglio, grazie anche al suono poderoso dalla band che accompagna il leader, in cui si fanno notare
Michael Mazzarella all'organo e
Jim Bennett alla chitarra elettrica. Una versione che non sfigura nei confronti dell'originale.
What's in a Name è abbastanza scura, tesa, notturna, mentre
Numb alleggerisce i toni e regala una canzone fresca e decisamente godibile, dalla struttura elettroacustica, decisamente lontana dai parametri springsteeniani. Si tratta di una composizione nitida e diretta che eleva la scrittura dell'autore verso vette decisamentre più personali.
Deep End è elettrica, molto rock;
Older Dreams invece è una ballata malinconica, un lento spezzacuori, che racconta una storia piuttosto triste, con il piano (
Neil Berg) in bella evidenza.
Where Does Love Go? ritorna al classico schema del Boss, ma la canzone è fresca, elettrica, piacevole: Bruce non ci accontenta, ma Joe ce la mette tutta per colmare l'attesa.
The Ballad of Townes Van Zandt And Hawkeye Pierce è una splendida composizione di stampo elettroacustico, ancora con la fisarmonica dietro alia voce ed alla chitarra: una batteria leggera invade la ballata, che sviluppa la sua melodia giusto a metà tra rock e radici. Una delle canzoni più belle e struggenti dedicate al grande musicista texano. Il piano introduce la lenta
Never Missed You More, una canzone che ci riporta allo
Springsteen più lirico: d'accordo joe è un clone, ma ora fa della musica di indubbia qualità.
Rock and Roll Call è la più lunga del disco (più di sette minuti) e sta a metà tra il rock del Boss e le ballate operaie di Bob Seger: una composizione carica, che cita il Boss, Elvis, Sinatra e Dylan. Una canzone trascinante che lascia il segno e che si fa ascoltare a lungo, per la sua vena lirica e per la trascinante cadenza ritmica. Chiude il disco
Chasing Ghost in Rockland, una canzone riflessiva, piuttosto amara ed intenore. Bel ritorno per un rocker che fa della musica sana e che meriterebbe una maggiore attenzione per la serietà e la costanza con cui continua il suo percorso.