STEVE WYNN (Here Come the Miracles)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  31/01/2004
    

Visto la lunghezza della saga dal sindacato del sogno ai giorni nostri, si rende necessario riassumere le ultime puntate. Nel 1997 Steve Wynn pubblica Sweetness and light un album di forte orientamento sixties dove predominano i colori psichedelici e le tastiere Farfisa; due anni dopo la stessa coproduzione Wynn-John Agnello porta alla pubblicazione di My midnight che, come suggerisce il titolo, è un album dove la luna e la notte sono le protagoniste. Il disco si rivela inferiore al precedente, più stanco dal punto di vista compositivo e privo di quelle novità che avevano reso Sweetness and light curioso e unico. Here come the miracles di nuovo un'altra cosa, a dimostrazione dell'urgenza espressiva, della continua voglia di cambiamenti e steve wynn della irrefrenabile creatività dell'artista, uno dei più sinceri del panorama rock degli ultimi decenni.
Settantasette minuti di musica non sono pochi per un Cd singolo, anche se si ha l'impressione che Here come the miracles sia concepito come un doppio album. La numerazione dei brani è difatti doppia. Si arriva all'undicesimo brano e poi si riparte da uno (anche se la canzone è la dodici) e si termina dopo altri otto brani. In totale i pezzi sono diciannove, un numero che consente di avere tutto ciò che si desidera da Steve Wynn. Here come the miracles è difatti una specie di summa della sua opera, un riassunto lucido del suo rock con lo Steve Wynn psichedelico e quello punk, il ballader autore di ballate romantiche e il cantastorie notturno invaghito di romanzi noir, l'ex Dream Syndicate e il nuovo rocker attento ai temi che cambiano.
Il risultato è superlativo perché con una gamma così varia di soluzioni non è possibile annoiarsi e ognuno ha lo Steve Wynn che vuole. Una cosa accomuna i brani è il solido impianto ritmico e elettrico che ne sta alla base, un sound urbano e stridente che si poggia sulla chitarra del leader e sugli scampoli della sua band (il chitarrista Chris Brokaw e la bella batterista Linda Pitmon) più degli illustri compiici quali il tastierista Chris Cacavas (ex Green on Red) e il chitarrista/pianista Howe Gelb (Giant Sand). Con simili compagni di ventura è naturale ritrovare il sound "classico" di Steve Wynn e così è, perché tra ballate, canzoni e fendenti punk una volta di più si respira l'aria del miglior rock americano di origine underground.
Per intenderci quello dei Dream Syndicate, oggi trasformato in qualcosa di più complesso e in sintonia coi tempi, fermo restando l'uso degli strumenti elettrici e di una amplificazione vintage.
Desiderio primario dell'artista è quello di rimanere in continuità con il sound del classico rock anni '70 conferma ne è la foto di copertina con un vecchio piatto/giradischi scarabocchiato con un cuore rosso. Fedele a sé'stesso e alla sua musica ma in continuo movimento, Steve Wynn realizza con Here come the miracles l'album più completo della sua discografia solista. Qualche nota riguardo alle diciannove tracce è d'obbligo.
La title track, Sustain e Southern California Line sono i tre brani più modernisti e "rumorosi", in virtù delle spigolose geometrie sonore e della voce "filtrata" di Wynn. In particolare Southern California Line si colloca, per via del testo e delle suggestioni cinematografiche, nella tradizione hard boiled rock di Wynn e dei Green On Red, come fosse una continuazione dei temi di The killer inside me in un ambito da nuovo secolo. Blackout è invece un malinconico racconto notturno con un buon lavoro di chitarre (Wynn) e un evocativo sfondo di tastiere da parte di Cacavas. Questi è fondamentale nell'economia sonora dell'intero disco.
Ne è dimostrazione Death Walley Rain, titolo da visioni desertiche e Watch your step dove si mischiano i Dream Syndicate coi pruriti garage-beat di Sweetness and light. Sunset to the sea è maestosa e epica come un tramonto sul mare mentre Good and bad, lenta all'inizio, ha un finale travolgente che ricorda le sventagliate elettriche di Neil Young. Strange new world è un rock affilato ambientato a New Orleans con Wynn che canta come se fosse braccato dalla FBI.
Nel campo delle ballate primeggiano Shades of blue, che ricorda i colori di Sweetness and tight, Drought che si barcamena ipnotica tra tastiere e distorsioni e Morningside Heights che evoca i Velvet Underground più imbambolati del disco con la banana, Femme Fatale per intenderci. Let's leave it like that è una marcetta che sa tanto di Beatles, Topanga Canyon freaks è un accattivante Lou Reed tra interferenze elettriche, un'armonica blues e una deliziosa linea d'organo sixties oriented e Crawling Misanthropic Blues è un graffiante urlo punk che suona come una The days of wine and roses riverniciata.
Chiude l'album (quasi ottanta minuti) There will come a day, stupenda e ariosa ballata dal respiro springsteeniano che conferma la grandeur di Steve Wynn nell'andare al centro delle emozioni.