MARK HUFF (Clean)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  26/02/2004
    

La periferia rock americana continua ad essere popolata da giovani e volenterosi mestieranti delle radici del rock'n'roll, per cui anche le desolate lande del Nevada trovano un loro piccolo eroe in Mark Huff, rocker con pianta stabile in Las Vegas, luogo fino ad oggi poco indagato per la sua scena musicale, che pare in realtà sia parecchio attiva. Clean non è affatto il suo esordio e lo si intuisce dall'esperienza che lo stesso Mark ed il suo fedele combo hanno impiegato nella registrazione del disco in questione. La stampa locale e non solo lo ha spinto alla ribalta con le lusinghiere critiche riservate al precedente Skeleton Faith, in cui venivano riconosciute le sue doti di rocker dalla melodia facile. Si sono scomodati per lui i nomi altisonanti di Tom Petty e, in ambito power-pop, di una piccola leggenda come Tommy Keene.
Riferimenti più che legittimi anche alla luce del nuovo lavoro, tuttavia maggiormente orientato verso un solido roots-rock di maniera, ricco di ballate stradaiole e qualche feroce sfuriata figlia della tradizione garage e punk-rock. L'anima di Mark Huff e della sua tosta rock'n'roll band sembra infatti dividersi fra questi due opposti poli musicali, senza per altro operare una scelta precisa. A giudicare dall'energia profusa non vi sono dubbi sull'onestà della proposta; meno interessante si fa la questione per ciò che riguarda l'ispirazione e l'originalità. Lirico e sottilmente pop, Huff offre il meglio di sé nei tempi medi di alcune ballate quali Eyes of Wonder o l'ottima She Did, dalle cadenze decisamente country-rock ed imparentate con i classici schemi del rock americano da strada maestra. Lonesome Star è attraversata da un insistente pedal steel che domina il brano portandolo in territori alternative-country, interamente abbracciati nel finale con l'alcolica Drinkin 'bout You.
Questi sostanzialmente gli episodi che danno forma alla parte più scorrevole di Clean, che altrove prova ad alzare il tasso elettrico con risultati alterni: coinvolgente quando riesce a sposare melodia e chitarre come nel caso della stessa title-track, un pezzo che non stonerebbe nel songbook dei Buffalo Tom, chiaramente impacciato e noioso quando sposa la causa di un anonimo guitar-rock in Fire Engine Red o Breaking Down, Mark Huff ha tutti i mezzi per migliorare un talento ancora un poco acerbo.