SCOTT LAURENT (Gone)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Dopo due eccellenti album per l'italiana Club De Musique torna Scott Laurent, promettente rockwriter di Minneapolis che affronta il "difficile" terzo disco con una nuova band. Al pari di Caposville (1996) e di Better Off (1998), il nuovo Gone è pieno di verve rocknrollistica e, come afferma lo stesso Laurent, la nuova band in poco tempo di vita ha raggiunto un affiatamento incredibile.
I nuovi compagni di Scott Laurent, che nel disco si destreggia con le chitarre acustiche ed elettriche, sono il giovane chitarrista di Hibbings (stesso paese natale di Dylan) Andy Lucia, il pianista e organista Tim Oesau, il batterista Troy Alexander e il bassista John Kernse, insieme hanno registrato Gone, terzo capitolo dell'avventura di Scott Laurent, un album di ballate elettriche, di graffi punk e di canzoni dal sapore agrodolce che hanno sostituito l'originario umore springsteeniano dei due primi lavori con una veste sonora che rimanda a Wilco e ai Jayhawks.
Gone è un album di ampie vedute che proprio per la presenza di una nuova band si spinge su strade che solo marginalmente i due lavori precedenti avevano affrontato. La scelta di presentarsi come Scott Laurent e non come Scott Laurent Band ha significato l'abbandono dell'accent springsteeniano che i due dischi passati possedevano ma ciò non ha voluto dire un cambio di stile perché il rimanere clone di un modello così ingombrante, a lungo andare, avrebbe potuto essere sconveniente e allora Scott ha preferito optare per un sound più giovane e alternativo, fatto di ariose chitarre, di Hammond che lavorano come usavano fare i primi Jayhawks, di sottili arrangiamenti country-rock alla Wilco, di songwriting ispirato e ombroso.
Il risultato è un misto di ballate ed energia, di rock urbano e canzone d'autore, di canzoni malinconiche e di duri e rabbiosi fremiti punk, come capita ad esempio di sentire in Gone, un brano subito apprezzato dalle radio del Minnesota che Scott Laurent canta con la veemenza di Paul McCartney in Revolution. Un brano che, come dice lo stesso autore, o si ama o si odia senza mezze misure. Originale a sufficienza e non troppo derivativo, Scott Laurent passa con buona padronanza di mezzi dalle ballate muscoli, chitarre e innocenza di Memorial Day e Kids alle intriganti melodie di Will You Be Mine che sembrano uscite da un disco degli Whiskeytown, da un pianistico country-rock di ispirazione Jayhawks (Blinding Light), che infonde quella rilassatezza che si respira solo nella grande provincia americana ad un arruffato rock alternativo cantato e arrangiato come fossero gli Wilco di Being There (You're One).
I nomi citati servono a dare un quadro del gesto artistico di Scott Laurent perché di fatto, quello che Gone afferma sono l'onestà e la bravura di un rockwriter e di una band che, lontano dai centri nevralgici del business musicale, inseguono una musica fatta di strumenti veri, di suoni autentici, di canzoni che sono scritte per essere la testimonianza di un momento emotivo, di una riflessione, di una idea, di un sogno. E in tempi in cui la musica sembra fatta per vendere qualsiasi cosa tranne la sensibilità, gente come Scott Laurent è da proteggere a tutti i costi. Il disco è prodotto da Patrick Tanner, chitarrista di Martin Zellar.