LUCINDA WILLIAMS (Essence)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Sullo scorso numero vi abbiamo anticipato il nuovo album della cantaurtice Americana. Ora lo abbiamo tra le mani nella versione definitiva ed il nostro giudizio è superiore a quello raggiunto con la rough version. Il trionfo di Car Wheels on a Gravel Road poteva fare prevedere altra musica di qualità, ma Essence è anche superiore al disco precedente. Infatti Lucinda ha trovato un equilibrio definitvo, che le ha permesso di portare a termine, in soli tre anni, un disco di grandissima caratura. Essence è un disco del Sud: ha i tempi ed i suoni del Sud, la pigrizia e la lentezza della gente che ci vive, il sapore delle cose, il profumo delle sue campagne e i colori della terra. Lucinda è del Sud, lo si sente dalla sua parlata, lo si percepisce dal suo modo di suonare e di cantare, mentre la sua musica ha assorbito in pieno queste sue radici.
Radici consolidate che le permettono di variare temi a suo piacimento, di entrare nella tradizione, di confrontare la sua penna in suoni che affondano le proprie origini nelle vie di New Orleans come nella campagne di Macon o nelle anguste pareti dei Muscle Shoals Studios. C'è un'aria tranquilla, pacifica, ma anche triste nella musica di Lucinda ed il suono è solido, coinvolgente, composto, ma pieno di riferimenti. La produzione sembra quasi uscita dalle abili mani di Daniel Lanois ma poi, scorrendo i crediti, vediamo che il produttore è Charlie Sexton che, alcuni anni fa, aveva pubblicato un suo disco con suoni molto simili a questo.
La Williams è una cantautrice di grande espressività e Sexton ha estrapolato questa sua qualità affiancandole un suono morbido e profondo, in cui ci sono forti riminiscenze con la terra che lo ha prodotto, ma sempre ben attento a legare profodamente ogni nota alla voce suadente dell'autrice. Il contorno di musicisti è di tutto rispetto: Ryan Adams, Bo Ramsey, Jim Keltner, Tony Garnier, David Mansfield e Reese Wynans. Ma è lei a fare la differenza con quella voce pigra, con quella dicotimia lenta e strascicata, con le sue ballate introspettive. Tristi canzoni che raccontano la banale realtà della vita di ogni giorno, che parlano di gente comune, di natura, di strade e pianure, di montagne, fiumi e col liine. Ascoltando la musica di Lucinda e chiudendo gli occhi si vedono scorrere nastri d'asfalto a perdita d'occhio, stazioni di rifornimento in mezzo al nulla, colline brulle spazzate dal vento, tramonti all'orizzonte e cieli rosso fuoco. Canzoni come diari di viaggio, appunti di vita quotidiana, dove la musica scorre lenta e ci avvolge in una spirale continua.
Un disco bello e profondo, amaro e malinconico, che si ascolta e si riascolta all'infinito e che cresce di volta in volta. Lonely Girls è aperta da un arpeggio gentile di chitarra e cui si sovrappone la voce pigra di Lucinda: Lonely Girls, Lonely Girls, Lonely Girls ..... La canzone è una perfetta introduzione al disco con la sua malinconia addolcita da suoni languidi e dal tempo quasi di valzer, con la voce della protagonista che scivola sul motivo in modo intenso. Steal Your Love è più roots e si avvicina maggiormente alle atmosfere del disco precedente. La voce è più roca, il suono meno rarefatto, e la canzone è una ballata che si apre lentamente, mano a mano che gli strumenti prendono posizione. I Envy the Wind è country-folk lento e profondo, una danza notturna, sussurrata al vento, cantata con voce languida ma con una melodia che stringe il cuore.
Lucinda ripete il cliché della canzone iniziale, ma con maggiore drammaticità.
Blue, niente a che vedere con Joni Mitchell, è una composizione folk in cui malinconia e drammaticità sono sempre alla base della linea melodica e delle liriche. La Williams riesce però a variare il tema di fondo grazie ad un ritornello centrale, in cui un violino si pone dietro alla sua voce intensa. Out of Touch è più elettrica: basso, batteria ed una bella chitarra dettano subito il motivo, mentre Lucinda, con quel personale strascico nella voce racconta le sue storie comuni. Are You down è uno dei brani più importanti del disco.Inizia come una jam sessions, con chitarra ed organo sugli scudi e poi si sviluppa su una base folk blues (con qualche accenno jazzato leggerissimo) aprendosi a diverse soluzioni sonore ed inventando particolari espressioni melodiche.
Un brano che si ascolta e si riascolta e, che si apre a nuove soluzioni: decisamente diverso dalle composizioni inizali, ma anche dalla passata produzione della cantautrice, grazie sopratutto alle intriganti performances dei vari strumenti. Essence è un altro center piece dell'album. La tematica è più blues, ma il senso della jam session è sempre ben presente nella canzone. Elettrica e ben costruita, ha una esplosione splendida quando Lucinda attacca il ritornello centrale, un riff di grande presa e di notevole intensità che mostra la sua ulteriore maturazione. Notevole il lavoro di Bo Ramsey alla chitarra, ma anche quello di Ryan Adams che suona la tremolo guitar, mentre Jim Keltner ci fa capire come si suona la batteria. Reason to Cry è una tipica composizione di passaggio, un classico valzer country dal ritmo lento, cantato con la solita voce languida e suonato con studiata prigrizia. Get Right With God è elettrica e vitale, e mette assieme le tradizione del Sud, dal country dei bianchi al gospel dei neri. Bus To Baton Rouge è il capolavoro del disco.
Lo si capisce dal riff iniziale della chitarra, dalle spazzole della batteria e dalla lentezza studiata della linea melodica. Una slow lazy song che rappresenta alla perfezione il suono sudista della Williams, coi suoi contorni rarefatti, la sua atmosfera malinconica. Il ritornello a più voci è toccante e da al brano il suggello defintivo. Canzoni di questa qualità se ne sentono ben poche in capo ad un anno. Chiude il disco la semplice Broken Butterflies, composizione di vago sapore country che conferma le radici dell'autrice e la bravura di Sexton nel trovare sempre arrangiamenti adatti per ogni brano. Essence è un disco dai sapori raffinati, dai suoni dolci e profondi, dal tessuto malinconico e prigro, un disco del Sud.
Un grande disco.