Danny Santos è un giovane cantautore di origine latina che vive ad Austin.
Sinners and Saints è il suo disco d'esordio e l'album sorprende per freschezza, vitalità ed idee. Un cantautore che non fa mistero delle sue radici e si ispira apertamente a
Townes Van Zandt, Joe Ely e Guy Clark, ed un suono che sta giusto in mezzo a country, folk e musica del border. La sua origine tejana lo mette in posizione privilegiata per scrivere brani che stanno sulla linea di confine, mischiando in modo egregio rock e radici e, supportato da un cast interessante e dalla sua voce nitida e ben modulata, porta a termine un disco d'esordio di tutto rispetto.
Le sue canzoni sono illuminate dalla gioia del primo amore, dai tribolamenti dell'amore perduto, e dalla ricerca perpetua del legame senza fine. Insomma il nostro è un moderno cantore dell'amore, ma circonda questa vena romantica con una musicalità fresca ed innovativa, arrangiando i brani in modo essenziale e lasciando il giusto spazio ai vari strumenti che circonda no la sua voce. Nato nel sud del Texas, non molto lontano dal confine col Messico, Danny ha iniziato a suonare la chitarra da giovane, quindi a cantare ed a comporre e questo suo disco d'esordio è il naturale proseguimento della sua giovane carriera. Lo aiutano in questo suo sforzo iniziale musicisti di vaglia come il fisarmonicista extraordinaire
Ponty Bone, quindi
Web Green, Rob Jevett, Kenny Grimes, Darcie Deaville, Paul Pearcy, Eddie Collins e Brian Davis.
Quindici canzoni, quarantasei minuti di musica intensa, personale, introspettiva in cui si confrontano i vari stili che il nostro ha assorbito strada facendo e, pur sapendo benissimo che Santos non ha inventato nulla, il suo disco è ben suonato e godibile al punto giusto. Non è supportato da un suono elettrico, ma da un raffinato cocktail di matrice acustica, che da maggior colore alle canzoni,
Keeps me on the Run, tutta giocata sulle chitarre, è una ballata epica degna del miglior Guy Clark. Un violino introduce
Taxes and Death, dal suono marcatamente texano.
Mi Amor Escondido è chiaramente messicana e richiama la scrittura di confine, piena di pathos, del grande Joe Ely, grazie anche al bel lavoro di Ponty Bone.
Suburbia Blues è un country blues dal tessuto acustico, non particolarmente originale.
Ma la dolce
Driskill Waltz toglie ogni dubbio sulla bravura del ragazzo: ballata limpida, nel suono e nell'interpretazione vocale, che lascia fuoriuscire una melodia fine che la chitarra e la fisarmonica mettono ancor di più in evidenza.
Aggravation è un talkin' blues alla Guy Clark, con belle diversioni melodiche, mentre
Before You Turn Around and Go, nostalgica e piuttosto amara, con echi western nel tessuto melodico, si segnala come una tra le più riuscite del lavoro.
Il disco continua ad alto livello snocciolando composizioni di vaglia, come la mossa
Josephine, ottimo il gioco degli strumenti, mentre due voci si sovrappongono, oppure la border song
Desperado (nulla a che vedere con quella degli Eagles), che racconta una disperata storia di confine.
Baby she's Alright è country, ma alla maniera di Townes, senza strafare, badando più alla melodia e la canzone piace subito, grazie anche al bel lavoro degli strumenti a corda e del basso acustico. Il disco si avvia verso la fine, ma Danny non vuole buttare la spugna e regala ancora emozioni, come la dolce
She's hell when she's well oppure
Goin Lil' Jesse, una danza campestre giocata su un ritmo acceso. Alla fine ci sono tre bonus tracks, appannaggio dell'edizione europea: il valzer country
Just a Word from You, la ballata folk'n' country
Tellin' Me Things I Need Her To e la messicana
Morning Side of Dawn, degna chiusura di un disco bello quanto inatteso.