RICHMOND FONTAINE (Whiskey, Painkillers & Speed)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Fremiti punk e ritmi serrati che si alternano a canzoni folk e atmosfere country, suoni elettrici che lasciano spazio a chitarre acustiche e lap steel, un insieme arruffato e sgangherato che non disdegna melodie e ballate: sono i Richmond Fontaine, banda dell'alternative country proveniente da Portland, Oregon che ha all'attivo alcuni album ben accettato dalla stampa no depression. Nati subito dopo la metà degli anni '90 su idea del cantante e chitarrista Willy Vlautin e oggi configurati a quattro col batterista Sean Oldham, col bassista Dave Harding e con Paul Brainard, autore di tutte le parti di pedal e lap steel del gruppo, i Richmond Fontaine non hanno creato nessuna formula nuova ma solo applicato in terra d'Oregon la ricetta originaria degli Uncle Tupelo.
Vlautin canta con la stessa voce e le stesse cadenze di Jay Farrar, è monocorde e malinconico come il più famoso Son Volt e scrive canzoni che stanno a metà strada tra un country polveroso e periferico e un rock arruffato, che quando accelera sa di punk e quando rallenta sa di ballate che raccontano short stories anonime come la provincia americana. Safety del 1996 e Miles From del 1997 sono gli album che hanno fatto conoscere i Richmond Fontaine prima di Lost Son e di questo Whiskey, Painkillers & Speed, pura estetica western applicata ad un "live on the road" che raccoglie una ventina di tracce dal vivo raccolte nei locali dell'ovest, tra il Colorado e l'Oregon.
L'atmosfera generale è quella della band che suona in piccoli club tra bottiglie di birra, Jim Beam e gente amica e la musica, come già detto, è una copia di quella degli Uncle Tupelo, con momento di schizofrenia punk alternati a una buona dose di lap steel e brani country di voluto basso profilo. C'è dosaggio tra pezzi elettrici e brani acustici, tra spigoli e riflessioni e in quest'ultimi i padroni della scena sono la lamentosa voce e la chitarra di Willy Vlautin.
I brani sono per la maggior parte frutto del lavoro collettivo del gruppo ma ci sono cover come Made in Japan di Buck Owens, una splendida e acida versione di Fade Away dei Green on red di Gas, Food, Lodging e Madison dei Soul Asylum che la dicono lunga sulle loro influenze. I Richmond Fontaine non inventano nulla sotto il cielo dell'alternative country ma non falsificano nemmeno le carte in tavola. Sono e rimangono una onesta bar-roots band.