STEVE FORBERT AND THE ROUGH SQUIRRELS (Live at The Bottom Line)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Dopo la serie di pregevoli album dal vivo acustici (che cominciavano però a ripetersi) e l'ultimo, ottimo disco in studio, Steve Forbert offre un'altra prova di vitalità con questo album elettrico, dove ritrova la sua band dei tempi migliori, i Rough Squirrels. Non è una reunion in tono minore perché nonostante tutte le buone intenzioni la parola hit (a parte Romeo's Tune, un secolo fa) è rimasta praticamente sconosciuta nella carriera di Steve Forbert e i suoi musicisti non sono certo diventati sessionmen di grido. C'è però molto rock'n'roll radicale e fondamentale nelle colonne dei Rough Squirrels perché l'ottimo chitarrista Clay Barnes, si è diviso, negli anni, tra Steve Forbert e Willie Nile (l'uomo deve avere un debole per gli outsider) mentre Bobby Lloyd Hicks è da tempo il batterista di Dave Alvin.
Saranno anche sconosciuti o quasi (non su queste pagine), ma gusto, tatto, qualità, non si toccano. Sembra giusto citare anche il resto dei Rough Squirrels: Gary Solomon al basso e Nick Connolly alle tastiere. Con loro, al Bottom Line di New York City, uno dei luoghi per eccellenza del rock'n'roll, Steve Forbert, particolarmente in forma e a suo agio (così pare di sentire) sfodera una scaletta che è anche un po' un vademecum della sua carriera. Dai titoli più recenti (Evergreen Boy) ad un classico come Goin' Down To Laurel (sempre bellissima), attraverso la riscoperta di The American In Me (un ottimo e sfortunato album di dieci anni fa) fino a Complications (in una canzone, tutta la sua storia), lui e i Rough Squirrels non si risparmiano, macinano rispettosi degli originali, senza grandi picchi di genialità, ma felici di far sentire bene tanto i musicisti quanto gli ascoltatori.
Anche Clay Barnes, capace di ben altre rasoiate, sceglie spesso volumi e toni suadenti e morbidi, spesso con un tocco degno di Mark Knopfler, che da alle canzoni di Steve Forbert una punta di romanticismo in più. Live At The Bottom Line scorre via piacevole e ammirevole per la sua umiltà, brillante nei suoni perché alla produzione collabora Gary Tallent (uno che di concerti ha una qualche esperienza) e rigoroso nel consegnare al finale il testimone con una bella versione di Nadine. Chuck Berry, diceva il geniale Steve Erickson, scrittore che deve ancora essere scoperto, è il più grande narratore d'America. Steve Forbert ha imparato bene e Live At The Bottom Line suona quasi come un esame riuscito, compreso omaggio finale al maestro.