Solidissima conferma per Chris Knight dopo l'omonimo esordio di quattro anni fa: i paragoni che la maggior parte degli ascoltatori fecero all'epoca (
Steve Earle e Bruce Springsteen i nomi più citati) valgono ancora per
Pretty Good Guy.
Chris Knight però è progredito ritagliandosi uno stile personale. Colpisce, intanto, l'attenzione al sound che è un sostanzioso rock'n'roll chitarristico, senza particolari picchi di genialità, ma con una spina dorsale ritmica che non demorde e una concentrazione sugli arrangiamenti e sulle canzoni di
Chris Knight semplicemente impeccabile.
Tutto scorre con una semplicità blue collar fin dall'inizio ed è molto omogeneo (un buon segno, per un songwriter) tanto che è difficile selezionare una canzone o un'altra. Qualche indicazione è però d'obbligo e quindi sono da segnalare
Becky's Bible, A Pretty Good Guy, Highway Junkie, Oil Patch Town.
Becky's Bible è springsteeniana fino al midollo con belle chitarre a ricamare i passaggi di strofe e ritornelli: suona così bene ed è talmente carica di rimandi e di influenze che vi sembra di conoscerla da sempre, anche se è la prima volta che la sentite.
A Pretty Good Guy sposta il tiro verso lo Steve Earle del periodo
The Hard Way, con annesse e connesse attinenze a
Regular Guy, anche se, fortunatamente, Chris Knight sembra non avere tanti luoghi oscuri come.
Highway Junkie è invece una bomba rock'n'roll, magari non propriamente originale, ma comunque irresistibile.
Oil Patch Town è una blue collar song magnifica, con melodie e voci che ricordano direttamente i Bottle Rockets:
Chris Knight non s'inventa novello figlio della classe operaia e scova tra le sue radici (è originario di Slaughters, una smalltown mineraria del Kentucky) una ballata elettrica più o meno perfetta. E le altre canzoni non sono da meno.
Certo, non è che
Pretty Good Guy sia un capolavoro: qualche titolo suona un po' troppo derivativo (
North Dakota è già stato usato da Lyle Lovett,
The Lord's Highway da Joe Ely e chiamare una canzone
Down The River è fin troppo facile), ma Chris Knight ha il talento spicciolo dello storyteller e l'aria di un rock'n'roller a tutto tondo. Così come il team di produzione:
Dan Baird (che dopo i Georgia Satellites è diventato una garanzia quasi quanto Eric Ambel) e Joe Hardy, uno che per far suonare le chitarre usa prima le (sue) orecchie e poi gli amplificatori e il mixer. Tra i musicisti va segnalato Greg Morrow, un batterista che, con Don Heffington, è tra i più credibili successori nell'albero genealogico che vede capostipite Jim Keltner e, nella generazione successiva, Kenny Aronoff. Lui non sbaglia un passaggio e contribuisce non poco a rendere
Pretty Good Guy un acquisto a colpo sicuro.