STEVE FORBERT (Young Guitar Days)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Quando si parla di outtakes, di canzoni rimaste fuori dagli album per i quali erano state scritte viene in mente sempre la domanda: "Perché sono state scartate queste canzoni?". I motivi possono essere tanti, dal non amalgamarsi di queste composizioni con le altre, al semplice motivo di durata del ed che costringe a sacrificare qualche canzone. Oppure, più semplicemente, potrebbe trattarsi di veri e propri scarti, canzoni non sufficientemente valide per poter essere pubblicate.
Non so per quale motivo le canzoni contenute in Young Guitar Days (bel titolo che richiama un po' quello di qualche film western!) non siano state pubblicate quando dovevano, ma so quale non è il motivo per cui non sono state pubblicate. Assolutamente non si tratta di scarti. Anzi. Le canzoni sono tutte di buon livello, qualcuna di ottimo. La qualità delle canzoni e la corposità del lavoro, venti brani, rendono questo ed un regalo ideale per le festività che si avvicinano. Chi conosce Steve Forbert (perché, qualcuno non lo conosce?) sa cosa l'aspetta. Canzoni gradevoli, ben scritte e ben suonate. Colonna sonora ideale per un bel viaggio in macchina.
Lo so, la mia può sembrare una fissa, e forse lo è, ma il viaggio fa parte della mitologia di molti di noi, e quindi un metro di valutazione importante è quella che definirei la "prova-viaggio". Come un amico scopri se è tale solo dopo averci fatto un viaggio insieme, così una buona musica è tale solo se può accompagnarti in viaggio. Sto parlando in linea generale, non scatenate le polemiche, please.
Tornando a Steve la sua musica è quanto di più indicato per sollevarci il morale e farci sentire bene. Ventunenne lascia il natio Mississippi per inseguire il suo sogno chiamato musica e si stabilisce a New York. Suona ovunque, anche nei corridoi della metropolitana. Quindi è uno che la musica la ama con l'anima. E lo dimostra con le sue composizioni. Niente di rivoluzionario, gli absolute beginners sono sicuramente altri, ma un onesto artigianato, anche se preferirei parlare di terziario avanzato. Comunque, andiamo avanti.
Citare tutte le canzoni di Young Guitar Days sarebbe lungo, ma qualche segnalazione voglio farla. It's Been a Long Time apre il cd con un ritmo quasi swing, puntellato dal piano di Robbie Kondor. L'inizio è subito coinvolgente. Tocca poi alla chitarra à la Dire Straits di Steve Burgh introdurre House of Cards. Bella canzone, fluida, con la voce di Steve, perennemente indecisa se essere roca o meno, che ci racconta le emozioni suscitate nell'autore dalla morte di Elvis. Testo ironico e sferzante, un po' amaro ("As I pissed on a black cadillac". Ragazzaccio!), la canzone è di quelle che rimangono in testa.
Così come Song for the South, grande canzone che non lascia respiro. Steve Forbert's Moon River inizia con l'acustica e il mandolino suonato da Burgh. Steve canta "Roll your rain..." in modo accorato; alla terza ripetizione il ritmo parte e quello che sembrava uno slow si traforma in una galoppata nelle praterie. Come vorrei lasciare la macchina e saltare su un purosangue! Ma lasciamo stare i sogni. Grande. Nel cd non manca un omaggio a Jimmie Rodgers, "The father of country-music", come lo presenta Steve introducendo la versione live acustica di In the Jailhouse Now. Altra cover è Suspicion, di Doc Pomus e Mort Shuman.
A Pomus, per il quale Forbert ha una vera e propria venerazione, è dedicato tutto l'album. Grande versione con ai cori The Jordanaires. Tolte queste due canzoni, tutte le altre sono scritte da Forbert. E gente così non è ai vertici delle classifiche! La giustizia non è di questo mondo. Ascoltate Oh, Camille, aperta dall'armonica.
Epica e scintillante. 0 la bellissima ballata Witch Blues impreziosita da un organo e da un coro a dir poco affascinanti. 0 la nostalgica One Short Year Gone By contrappuntata dalla fisarmonica di Paul Errico. Le immagini che le liriche di Forbert riescono ad evocare sono notevoli, e dipingono scene tratte dal nostro immaginario collettivo. Spero mi sia consentito parlare al plurale. Le parole di Get That Vagabond Feeling (Justa get that vagabond feeling/Get it on the road/Get it like Bo Diddley does/And get it like Tom Joad/And get it like a river does) testimoniano quanto ho scritto.
Ultima segnalazione per la scatenata Planet Earth Song, un misto di ritmo caraibico con una spruzzata di Bo Diddley. Questa è musica per muovere i piedi, ragazzi. In definitiva un gran bel cd. Tre stelle piene piene, più una mezza a testimoniare la gioia che queste composizioni abbiano visto la luce. Nella radio dei miei sogni queste sono le canzoni che troverebbero molto spazio.