BELLWETHER (Home Late)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Terzo album per la band di Minneapolis e notevole salto di qualità. Intendiamoci, già i primi due dischi dei Bellwether avevano ricevuto su queste pagine recensioni più che positive. Ma quello che sorprende in questo terzo lavoro è la vena malinconica, profonda, ma decisamente ispirata di Eric Luoma, ormai leader a tutti gli effetti della band.
La sua voce, le sue canzoni invernali, tristi, nevose, ma piene di melodia sono ormai il marchio di fabbrica di un suono che, disco dopo disco, si fa sempre più personale. Luoma ha una voce calma, riflessiva, introspettiva e riesce a mettere a fuoco alla perfezione le sue melodie intense e malinconiche, con la strumentazione usata in modo caldo e parco al tempo stesso. Prendiamo ad esempio la splendida Betweenville: lenta, rarefatta, cadenzata dove, giusto a metà, entra una fisarmonica calda ed avvolgente, che lascia il segno sopra un tessuto dai suoni distillati nel silenzio.
Eric mischia la sua vena autunnale con spruzzate country, come nella veloce e disincantata Baltimore dove un'armonica dylaniana fa compagnia alla loce e ad un accompagnamento veloce e decisamente campagnolo. Ma sono le ballate lente a dominare il disco: canzoni come The Lake, dall'andamento fluttuante, con le voci che si mischiano a sonorità languide che richiamano i paesaggi splendidi, pieni di laghi e foreste, del suo Minnesota. Dimlight è fresca, da cantautore, con una vena folk rock disincantata, un violino alle spalle, ed una melodia di notevole bellezza.
Afterthougts sembra uscita da un vecchio disco di Neil Young: tempo veloce, strumentazione parca, melodia coinvolgente, un banjo che traccia la base ritmica. Già dopo due canzoni Home Late mostra qualità ben al di sopra della norma. Sugar moon cresce, acustica ed orgogliosa, in mezzo a suoni rarefatti, poi la melodia si apre e la ballata sboccia in tutta la sua bellezza, acuita dall'uso particolare della voce.
Eric è molto maturato, sia dal punto di vista vocale che come autore e questo disco gli farà fare sicuramente il salto di qualità. La conferma arriva dal folk nordico di Home late, canzone dai suoni malinconici e dalle armonie vocali preziose; dalla gentilezza di Crooked Heart che scioglie qualunque dubbio sulla bravura dell'autore, dove il violino di Mike Russell prende subito il cuore; dall'amarezza di West End, sfiorata dal banjo e dalla pedal steel di Eric Heywood, mentre l'armonica si libra nell'aria.
Chiudono il disco, bello e limpido come il cielo del Minnesota, la folk rock ballad Make Your Goodbyes e l'interiore Shallowing. Un piccolo grande disco, adatto a scaldare le fredde sere invernali, ad accendere il cuore, a farci dimenticare la tristezza che ci circonda. Ormai i Bellwether sono una realtà.