DAVE ALVIN (Out in California)
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  Recensione del  26/02/2004
    

Secondo album dal vivo per l'ex Blaster, dopo il debordante Intestate City del 1996. E la ragione di fare un nuovo disco dal vivo c'è. Rispetto a quell'album, che trasudava feeling e rock and roll, un disco da vero Blaster, Out In California è lo specchio del Dave Alvin attuale. Il rocker vibrante c'è ancora, ma la sua anima si è legata maggiormente alle radici e, se il disco è ancora vitale ed elettrico, gli equilibri sono in parte mutati. Dave ora fa musica ad ampio spettro, mischia bellamente rock e radici, passa con disinvoltura dal folk al rock 'n roll, da Woody Guthrie al blues, dal gospel alla musica dei monti Appalachi. Insomma un disco che raccoglie l'eredità di Blackjack David & Public Domain. Chi lo ha visto in Italia di recente sa come è un suo concerto. Ritmo, feeling, sudore, chitarra al vento, piano vertiginoso, senza un attimo di tregua.
La storia si ripete con Out in California che ci presenta una show di quasi ottanta minuti suonato alla grande con Dave a capo di una band a dir poco scintillante. Rispetto a Intestate City qui c'è più gioco di squadra e meno solismo: il suono è corposo e potente, la chitarra guizza di continuo, alternandosi alla steel guitar e al violino, mentre il piano spara le sue cartucce, il tutto tenuto assieme da una sezione ritmica possente, degna della vecchia band dei fratelli Alvin. Out in California parte subito lancia in resta e ritmo frenetico e mischia rock e country con furore.
Gli strumenti si accavallano di continuo mentre la canzone scorre impetuosa, come un fiume d'alta montagna che scende a valle. Haley's Comet richiama la classica scrittura di Dave (il brano è in onore di Bill Haley ed è stato scritto con Dwight Yoakam). il country originario viene passato al setaccio da una rilettura tosta, con il piano in puro stile honky tonk e la band che dardeggia dietro alla voce del leader. Segue Little Honey/Who Do You Love, quasi dieci minuti, è uno dei momenti topici della performance (come era stato nei concerti italiani). Il vecchio standard dei Blasters viene preso con le pinze quindi buttato a capofitto in una serie continua di assoli che poi si aprono nella rilettura del classico di Bo Diddley.
La canzone cresce lentamente, diventa sempre più elettrica e sfocia in un finale travolgente, suonato a cento all'ora. Una sublimazione dell'anima rock di Dave e la conferma della bravura della sua band. Abilene è una ballata tersa e ben costruita, una canzone che ha in nuce la purezza del suono americana. È una delle composizioni più recenti del nostro, che viene risuonata con grande feeling in una versione che sfiora i sette minuti, in cui tutti, a turno, danno il meglio di sé, mentre la melodia ne esce arricchita. Don't Let Your Deal Go Down parte come un blues, poi il vecchio traditional prende corpo e diventa quasi un rock'n roll, elettrico e pressante.
Armonica in evidenza, basso e batteria che non danno respiro, e la canzone diventa sempre più potente. Highway 99 è un solido brano country, sempre elettrico, più vicino a Yoakam che ai Blasters. Andersonville profuma di folk, almeno nella parte iniziale, dove la voce profonda del leader viene sorretta solo dalla chitarra acustica :poi altri strumenti a corda si affiancano e la ballata si erge splendida. L'oasi acustica continua con il blues All' Round Man, voce e chitarra, proprio come facevano i bluesmen che frequentavano la casa di Dave, quando lui era ragazzo.
Il violino chiude il discorso, affiancandosi alla chitarra. Continua la parentesi acustica con la straordinaria Blue Boulevard, occasione per il nostro di mischiare rock 'n roll e nostalgia, vecchie canzoni su uno dei suoi motivi più noti. Intro parlato e lunga parentesi acustica, sino all'entrata del ritornello, di grande effetto, che lascia spazio al violino. Wanda and Duane riprende il bandolo della matassa e parte veloce: puro country 'n roll venato di radici. Suono spedito, chitarra in evidenza e la canzone corre via in un baleno. Fourth of July è una delle grandi canzoni del nostro e questa versione gli rende onore. Solida, con la melodia che si staglia netta, è una di quelle canzoni che sono nel nostro cuore da sempre: la versione è vissuta e potente, grazie alla voce espressiva ed al suono della band.
American Music definisce lo stile di Alvin, richiama i Blasters, e rocca di brutto. Ritmo adrenalinico, basso a batteria come un rullo compressore, piano vorticoso. Puro e sano rock 'n roll, suonato con un gusto che oggi ben pochi hanno. Non riesco a tenere ferme le gambe, proprio non ci riesco. Il finale, molto divertente, mostra uno scambio di cortesie tra l'artista ed il suo pubblico. Dave e la band si divertono ed accennano un paio di minuti di Freebird deì Lynyrd Skynyrd. Un disco che trasuda grande musica e ha feeling da vendere.