TOWNES VAN ZANDT (A Gentle Evening with Townes Van Zandt)
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  Recensione del  26/02/2004
    

La domanda è d'obbligo dopo questo ennesimo album dal vivo di Townes Van Zandt: era necessario? Ne sono usciti molti ormai, specie dopo la sua morte avvenuta il giorno di Capodanno di cinque anni fa. A cominciare da Live at the old Quarter, Houston pubblicato dalla Tornato nel '67, che resta forse ad oggi la sua opera di maggior presa del genere, cui hanno fatto seguito Live & Obscure, distribuito dalla Sugar Hill nell'89 e registrato a Nashville tre anni prima, Rear view mirror, messo in circolazione dalla Sundown, piccola etichetta di Austin.
Nel '93 che riprende nastri tratti da una tournée del 78, Rain out on a Conga drum: live in Berlin, pubblicato dalla MMS nel '95 e registrato in Germania nei giorni precedenti la caduta del muro, Roadsongs, edito dalla Sugar Hil, nel '94 e contenente solo covers, per arrivare ai dischi postumi Abnormal, uscito un anno dopo la sua morte che presenta materiale acustico di origine europea, In pain, apparso su Normal Venus due anni fa e contenente apparizioni on stage ancora europee effettuate tra il '94 e il '96, Live at McCabe's, messo in circolazione lo scorso anno e il recentissimo Together at the bluebird cafe, registrato nel famoso locale di Nashville nel '95 con Steve Earle e Guy Clark.
Non ne avevamo abbastanza? Ecco, potrà sorprendere la risposta del sottoscritto ma essa è negativa. Poter ascoltare ancora una volta dal vivo ed è certo che non sarà neppure l'ultima, uno dei più grandi songwriters texani degli ultimi quaranta/cinquant'anni, un personaggio che ha raccolto solo consensi e plausi nel corso di una carriera dopo tutto parca ma piena di gemme e preziosità musicali, perché espressione di una profondità, di una conoscenza dell'animo umano straordinaria, è sempre un momento importante, uno stimolo, una spinta, un incentivo. Insomma un'ulteriore occasione di crescita, di arricchimento personale. E penso che la mia opinione possa essere condivisa da tutti gli estimatori dello sfortunato songwriter di Forth Worth che tanto abbiamo tenuto in considerazione sulle pagine del nostro giornale.
Se vogliamo poi andare a leggere i titoli proposti in questa nuova registrazione effettuata alla Carnegie Hall di New York nel lontano ottobre del '69, vale a dire in un periodo decisamente vivo e vitale per il nostro eroe che allora aveva solo venticinque anni, quando era sotto contratto per la piccola Poppy Records (che poi sarebbe stata assorbita dalla United Artists a sua volta assorbita dalla Capitol) possiamo notare come i titoli offerti siano dopo tutto per lo più inediti tra quelli apparsi su disco on stage.
Infatti, se togliamo Tecumseh valley, l'epica canzone che racconta la triste storia di Caroline, la supposta figlia di un minatore morta sulle scale del bar presso cui aveva prestato servizio, ci accorgiamo di essere di fronte a testi tutt'altro che ricorrenti tra quelli eseguiti sul palco e poi messi in circolazione nei ed live sopra citati. Parliamo della delicatissima ballad Like a summers' thursday, della sempre invitante ed affascinante Second lover's song, della splendida She come and she touched me, tutte provenienti dal secondo album di studio di Townes, Our mother in the Mountain del '69. Parliamo di Lungs, dalla bella apertura chitarristica, la cui versione originale risale a Townes Van Zandt, il terzo album del nostro, già presente in versione on stage in Rain on a Conga drum.
Ci riferiamo a Rake, la stupenda ballata resa popolare da Delta Mama Blues, l'album di Van Zandt del 71, a Talking Thunderbird wine blues, il divertente motivo rimasto sconosciuto fin all'apparizione dell'album Live & Obscure, a The ballad of Ira Hayes, il classico di Peter La Farge, un successo nel '64 per Johnny Cash, che avremmo ascoltato solo grazie a Roadsongs, insieme ad un paio di pezzi minori di Bob Dylan, Man gave names to all the animals e Little willie the gambler e a covers dei Rolling Stones, Joe Ely e Bruce Sprinsgteen. E citiamo Talking KKK Blues, il leggerissimo motivo satirico d'apertura, che non era mai apparso finora in un album di Van Zandt.