JOSH RITTER (Golden Age Of Radio)
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  Recensione del  26/02/2004
    

"Woody Guthrie o la Carter Family cantavano qualcosa che oggi è andato perso nella banalità della gran parte delle programmazioni radiofoniche" ha detto, giustamente, Josh Ritter in un'intervista. Chissà se arriverà davvero una nuova Golden Age Of Radio e sarà possibile ascoltare ancora via etere i Mother Hips, Nick Cave, Bessie Smith, Bob Dylan, e Medeski, Martin and Wood, ovvero le influenze dichiarate di Josh Ritter. Ci speriamo tutti e di più ancora, lui, le cui canzoni, almeno ascoltando questo suo secondo album, hanno una probabilità su un milione di finire nella programmazione.
Arriva da Moscow, Idaho, se ne è andato in tour con Gillian Welch e Carrie Newcomer, ha suonato in tutte le coffee house della East Coast e di mezza Irlanda, dove ha trovato una sua seconda casa. Si è prodotto il suo omonimo primo album e, un po' a sorpresa, ha vinto un Boston Award quale album di debutto. Una notizia che dovrebbe far riflettere visto che: a) Boston è un covo di sognatori; b) Josh Ritter ha superato sul filo di lana Stephen Malkmus. A ventiquattro anni, basta e avanza per interessarsene un po' e infatti Come And Find Me conferma tutte le sue qualità. Un disco di ballate malinconiche, spesso legate ad un diario di viaggio (Lawrence, Ks, Harrisburg, Drive Away, Leaving), molto timido e rarefatto nei suoni, con le chitarre acustiche sempre in evidenza. Molte idee, comunque, perché Josh Ritter è già un songwriter con una sua visione e qualche spunto geniale.
La fisarmonica di Lawrence, Ks, per esempio, è un'intuizione squisita, così come lo sono i ripetuti e mai banali assoli di chitarra acustica in Harrisburg o gli arrangiamenti low-fi di Me & Jiggs o Anne. Fin qui funziona tutto e Josh Ritter rispecchia le aspettative. Più avanti, chiede un po' troppa attenzione, per essere un esordiente, quasi sussurrando le parole, le melodie e You'Ve Got The Moon o Song For The Fireflies si trascinano un po', anche se sulla qualità delle canzoni non si discute. Sarebbe interessante vederlo confrontarsi con qualcosa e/o qualcuno con una prospettiva più ampia, perché se Golden Age Of Radio fosse stato prodotto da T-Bone Burnett o da Mitchell Froom probabilmente nessuno lo avrebbe scambiato, come è successo, per Beck.
Capita, perché gli inizi sono sempre difficili e l'identikit di Josh Ritter oggi è molto semplice: un talento acerbo, che però avrà molto da dire a chi ama gli incompresi, gli incompiuti, i solitari e i lunatici. In ordine rigorosamente sparso: Ron Sexsmith, Vie Chesnutt, Fred Neil, Tim Buckley e Niek Drake a cui le atmosfere di Golden Age Of Radio devono non poco.