È tutta racchiusa nel titolo la filosofia dell'ultimo
Jack Ingram, rocker dalla scorza dura ancora alla ricerca di una forma espressiva autonoma. Nato come giovane promessa del country-rock texano, si è fatto notare da chi di dovere, arrivando ad incidere l'ottimo
Livin' or Dyin' sotto le attente cure di
Steve Earle, prima di approdare ai lidi dorati di una major. Il cambio di rotta c'è stato, ma non ha significato necessariamente una trasformazione deleteria della sua musica: si sono persi per strada quegli impasti decisamente rootsy delle sue ballate e quei sapori country acustici che lo avevano portato ad omaggiare gente come Guy Clark, è rimasto tuttavia lo slancio rock'n'roll stradaiolo che tanto deve alla lezione di gente come lo stesso Earle o Joe Ely.
Electric si impone in ogni caso come un buon passo in avanti rispetto al precedente
Hey You, scoprendo meglio le reali intenzioni di Jack, sempre meno songwriter di provincia e sempre più rocker dal taglio urbano, a volte sfacciatamente elettrico e corrosivo (notevole la cover di
I Won't Go With Her del giovane talento Scott Miller), con chitarre piazzate in tutte le salse (oltre a quelle di Jack, sono della partita anche Bob Britt, Jay Joyce,
David Grissom e Jon Dee Graham); altre volte maliziosamente radiofonico nelle scelte stilistiche, instradato verso un piacevole poprock di pettyana memoria. I mezzi messi a disposizione, la produzione scrupolosa di
Frank Lidell e Mike McCarthy, la pletora di musicisti coinvolti nelle registrazioni non potevano d'altronde fallire l'obiettivo.
Sia ben chiaro, lo spirito rurale cova sempre sotto la cenere, fin dalla partenza spaccona con
Keep On Keepin'On, rock'n'roll rozzo e bollente al punto giusto, seppure ammodernato negli arrangiamenti. Stesso discorso per il crudo countryrock in
Everybody e We're All In This Together, forse i due episodi più nostalgici dei suoi esordi discografici, o la bucolica parentesi elettro-acustica di
One Lie Away, scritta a quattro mani con Jim Lauderdale. L'altra faccia della medaglia è rappresentata, come anticipato, da brillanti ballate elettriche, pop-rock a tratti irresistibile (la dolce
Fool, una
One Thing che potrebbe spaccare il mondo nelle radio di settore), in altri frangenti un poco ruffiano (
What Makes You Say, comunque scorrevole) o semplicemente troppo pasticciato in sede di arrangiamenti (
You Never Leave) per convincere i palati meno modaioli. Il ragazzo è ad un bivio: se sceglie la strada giusta, godrà ancora del nostro appoggio.