BUCKSWORTH (Haul Alone)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  26/02/2004
    

Appongiandosi alla voce arrochita del leader Mark Nemetz, sorta di crocevia tra un John Fogerty meno ispido ed un Mick Jagger in versione rootsy, e dirigendo gli arrangiamenti verso un sound asciutto, ma al tempo stesso colorito e spiritoso, i californiani Bucksworth svegliano i ricordi di un rock operaio dall'animo soul, che non si vergogna di affondare le mani nel passato, citando con profusione e riportando a galla un modo istintivo di intendere il fiume della tradizione, dove le ordinarie radici country da rock band di periferia si intrecciano con lo spirito bluecollar dei Creedence e le inflessioni blues del Van Morrison pił godereccio. Non scrivono melodie memorabili e non hanno canzoni che possono al momento fare la differenza, ma sopperiscono alle imperfezioni, anche di produzione, con uno spiccato gusto per arrangiamenti originali, che a volte richiamano il primo, acerbo Bocephus King.
L'apertura stravagante di Grass, con il suo gioco di rimandi tra la sfide guitar di Joe Hill ed il mandolino dello stesso Nemetz, pił i vivaci cori di Lisa Nemetz a supporto, suggerisce un linguaggio musicale assai comune al musicista canadese. Il caratteristico impasto tra ballata country e tinte soul prosegue con convinzione e domina in qualche modo l'intero disco: notevoli soprattutto Elayed (to be), ed una Naturally che insegue il passo classico di certe ballate morrisoniane. La squisita, solare Sail Away, cover di un brano minore dei Creedence a firma Stu Cook, si avventura persino in ritmiche vagamente caraibiche, in cui gioca di continuo un ruolo di primo piano il bravo Hill alla chitarra elettrica.
L'animo sporco e bluesy dei Bucksworth ha poi il compito di spezzare di volta in volta il clima spensierato di queste composizioni, mantenendo comunque quella caratteristica di leggerezza che li contraddistingue: Two Bits, per esempio, possiede chitarre che profumano di Stones anni settanta, su cui la voce di Nemetz va a nozze; Middle of The Road saltella su uno spigliato ritmo honkytonk che sposta il baricentro verso il Texas e Don't Work So Well graffia un soul-rock chitarristico e vibrante, manco fossimo in un disco di Graham Parker con i suoi Rumors. Eccentrici e con la testa rivolta agli anni settanta, i Bucksworth girano alla larga dai luoghi comuni del rock'n'roll provinciale di maniera, approntando un disco brioso e ruspante.