RYAN ADAMS (Demolition)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  26/02/2004
    

Si è fatto un gran parlare di Ryan Adams, ex leader dei Whiskeytown. Di lui si è detto di tutto: talento, scostante, genio, superficiale, promessa, delusione. Indubbiamente Ryan non ha un carattere facile, ma questo poco importa a chi scrive. Per me è un talento, ben al di sopra di tutti i gruppi giovani che hanno sconvolto i media ed una parte di consumatori, leggi Strokes, Vines, Wilco, Rufus Wainwright etc. Adams è il migliore del lotto, ha una facilità di scrittura impressionante e, mentre lavorava a Gold, ha continuato a frequentare le sale di incisione a ritmo molto alto.
Demolition è il suo nuovo album. È nuovo a tutti gli effetti ma più che il disco nuovo vero e proprio, a cui Ryan sta lavorando assieme a Scott Litt (e che dovrebbe uscire all'inizio del prossimo anno), contiene una sorta di assemblaggio dei brani migliori che il nostro ha sparso in quattro diversi dischi. Infatti prima, durante e dopo la registrazione di Gold, ha inciso altri quattro dischi. Cinque sessioni di registrazione, quattro produttori differenti: In origine le sessions dovevano finire in un cofanetto quadruplo, ma poi sia l'autore che la casa discografica hanno giudicato prematuro il progetto di un box, ed hanno scelto la via più ovvia: condensare il meglio in un solo album.
Nuclear, Starting to Hurt, Tennessee Sucks, Gimme o Sign, Tomorrow e Jesus (Don't Touch My Baby) sono stati registrati tra il dicembre 2000 e il luglio 2001 con la band di Nashville Pink Hearts ed il produttore Dave Domanich. Le sessions del gennaio 2001 hanno prodotto, tra le altre, Cry on Demand, She Wants to Play Hearts, Dear Chicago e sono state prodotte dallo stesso autore. Poi Ryan è tornato in studio con Ethan Johns, produttore di Gold e Heartbreaker, sempre nel gennaio 2001, ed ha registrato Hallelujah, Desire, Chin Up, Cheer Up.
Nell'ottobre 2001 ha inciso in Svezia, con la produzione di Michael Blair (già collaboratore di Costello e Waits) l'intima You Will Always be the Same. Nelle cinque sessions il nostro ha registrato almeno 60 canzoni. Raggiunto telefonicamente, Adams ha confidato: "Non penso che tutti e quattro i dischi esistano realmente, non in questo momento, magari più tardi, se la gente si mostra interessata, veramente". I musicisti coinvolti nel disco sono vari: dall'ex compagno di Dylan Bucky Baxter ai Pink Hearts (che poi sono gli Stateside: John Paul Keith, Brad Pemberton, Billy Mercer), quindi Chris Stills, Brad Rice e Greg Leisz. Nella canzone Tomorrow appaiono Gillian Welch e David Rawlings.
Malgrado il disco sia stato assemblato da varie sessions non solo risulta un ottimo lavoro, ma anche decisamente omogeneo, quasi fosse stato inciso in una unica sessione.. Le canzoni sono state messe sul disco come erano state incise, ed alcuni sono dei semplici demos voce e chitarra, senza aggiunta di strumenti o di inutili orchestrazioni. Un disco puro in cui il giovane autore mostra, ancora una volta, di avere una facilità di scrittura che oggi non ha eguali. Nuclear è un semplice ballata elettrica che ha forti accenni chitarristici ed una linea melodica diretta: i Pink Hearts sono una band solida e funzionano molto bene e poi il binomio steel guitar / chitarre elettriche è perfetto. Hallelujah è una turgida ballata folk rock introdotta da un'armonica dylaniana.
Adams canta con voce triste, ma la canzone ha il suo marchio di fabbrica e risulta una delle migliori della raccolta, sia per la melodia molto fruibile che per il suono costruito con passione. La semplicità è la chiave di lettura di questo album, come dimostra You Will Always Be The Same, una composizione acustica con la voce doppiata da un cello. Desire è il capolavoro del disco. Una grande ballata dotata di un ritornello irresistibile che conferma il talento dell'autore e la sua facilità a comporre: ci sono musicisti che ci impiegano anni per mettere su nastro una canzone di questo spessore.
Andamento lento, melodia avvolgente, pochi strumenti: basta suonarla una sola volta per rimanere ammaliati. Cry on Demand è intcriore ed amara, con il piano che punteggia la voce, e poco altro. Starting to Hurt ritorna all'elettrico. La voce è roca e la ballata gioca le sue carte su una strumentazione corposa ma mai sopra le righe. L'acustica She Wants to Play Hearts ricorda i cantautori intimisti dei primi settanta, dove melodia e sofferenza andavano di pari passo.
Un pianoforte modulato ad arte introduce la morbida Tennessee Sucks, una canzone gentile. Dear Chicago è una composizione degna di un songwriter consumato, che conferma che Ryan potrebbe fare tranquillamente il folk singer. Gimme a Sign torna al rock, ma con molta semplicità.senza strafare. Un riff di chitarra secco, una canzone tesa: perfetta da rifare dal vivo. Ancora voce e chitarra con Tomorrow, altro momento topico del lavoro.
Non è facile descrivere le emozioni che si hanno ascoltando queste canzoni: felicità e disperazione, una ridda di emozioni e sentimenti. Tomorrow appartiene al filone interiore, e l'uso delle voci di Rawlings e della Welch è la ciliegina sulla torta. Splendida. Chin Up, Cheer up è un country rock agile e pulito. Un'isola felice, una canzone diretta e molto piacevole, con chitarre acustiche e steel che danzano attorno alla voce, questa volta aperta e solare.
Chiude il disco la notturna Jesus (Don't Touch my Baby). Demolition è di poco inferiore a Gold, ma rimane comunque un disco di spessore. Questo disco si può considerare il Basement Tape di Ryan e, anche se il musicista non è simpatico per i suoi atteggiamenti, la sua musica non va giudicata in base al carattere dell'autore ma per il suo valore intrinseco.